Galoppa, Ruello; più forte, più forte; E il cavallo che non sente Scossa al vento la criniera Sbuffa ansante. Il fumo s'alza Della febbre e del sudore; Polve e ghiaia in alto sbalza Sotto i piè del corridore, Dal dirupo alla boscaglia E levata in sulla coltrice << Madre mia! si forte l'anima Io mi voglio rivestir! Questa notte per le tenebre, Ma la pesta di Ruello M'è sembrato di sentir. Guarda, o madre, tra quegli alberi Dove accenna la mia mano!... Ah!... non vedi quella polvere Non conosci?... È giunto! è giunto! Poveretta! Ai casti talami L'ultimo sogno. Mentr' io degli astri notturno amante Mandan le rute colle verbene Però, corcarmi da te diviso Sognar le verdi mie primavere, Sognar la dolce mia libertà: Se a noi d'intorno la neve fiocca Col molle soffio della mia bocca Povera amica, le tue palpèbre Ben sulla volta di questa fossa Ve' come splende sul nostro tetto L'organo echeggia: s'alzan gli spenti: CARLO TENCA. Di gente popolana nacque in Milano ai 19 ottobre 1816. Fin da giovane si die al giornalismo, prima nell'Italia musicale e nel Corriere delle dame, poi cresciuto d'anni, di studj, d'autorità, nella Rivista europea, a cui cooperò dal 1841, assumendone la direzione dal '45 al '47, e procurandole molta rinomanza coi suoi articoli di critica letteraria. Partecipò ai prodromi della rivoluzione, e dopo le Cinque giornate diresse il Ventidue Marzo, giornale del Governo provvisorio, ritirandosene, perchè di principj avanzati, quando fu decretata la fusione, e scrivendo invece nell'Italia del Popolo, ove combattė per l'unità e per la costituente. Nel '49 diresse a Firenze il giornale che s'intitolava appunto dalla Costituente italiana. Tornò poi a Milano, e vi fondò il giornale Il Crepuscolo, che col solo suo nome, strano ma espressivo, indicava le condizioni del momento e le speranze dell' avvenire. Nel trattarvi di politica e di letteratura seppe trovare una forma, che gli permetteva di far chiaro il suo pensiero senza cadere sotto le unghie dell'autorità poliziesca e militare; superò felicemente alcune burrasche, ma essendo nel '57 venuto in Lombardia l'Imperatore d'Austria, si rifiutò, anche officiato dal governatore di Milano, di farne cenno nel giornale, che dopo di ciò venne per castigo privato della parte politica. Ebbe valenti ed animosi cooperatori, ma fu un direttore da citarsi a modello, e diede unità organica al giornale, che incontrò gran favore in Lombardia e fuori: e gli articoli che vi scrisse, specialmente di letteratura contemporanea, mostrano in lui un critico acuto e dotto. La maggiore e miglior parte di essi, ed alcuni della Rivista europea (sugli epici moderni d'Italia, sul Niccolini, sul Grossi, sul Foscolo, sul Pellico, sul Manzoni, sulle poesie lombarde del XIII secolo, sui proverbj, sui canti popolari toscani, ec.) vennero raccolti in due vol. da T. MASSARANI (Milano, Hopli, 1888), che vi aggiunse alcune notevoli poesie inedite. Venuto il '60 fu deputato di Milano dalla settima a tutta la tredicesima legislatura, e segretario operosissimo del Parlamento fino alla dodicesima. Consigliere di Luogotenenza e poi assessore del Comune di Milano, riordinò sapientemente l'insegnamento elementare. Alla Camera, temperati gli ardori giovanili, segui con indipendenza la parte moderata. Fu membro del Consiglio superiore e presidente della Giunta di licenza liceale, e in tutti gli ufficj, per lo più gratuiti, portò dirittura di coscienza e tenacia di lavoro. Sopportò con dignità la perdita della massima parte del frutto delle sue fatiche decenni, nella catastrofe di una casa bancaria, e con stoica fermezza sostenne la lunga e dolorosa malattia, che gli aveva fatto rinunziare alla deputazione, e lo trasse al sepolcro ai 4 settembre 1883. [Per la biografia, v. G. CANTONI, C. T. e il suo tempo, in Rendic. dell'Istit. lomb., 21 febb. 1884; A. D'ANCONA, in Varietà storiche e letter., Milano, Treves, 1885, II, 379; G. ZANELLA, C. T. e il pensiero civile, in Rassegna nazion. del 1° Aprile 1886; P. VILLARI, in Scritti varj, Bologna, Zanichelli, 1894, p. 511; G. NEGRI, in Rumori mondani, Milano, Hopli, 1894, p. 83; e sopra tutti T. MASSARANI, C. T. e il pensiero civile del suo tempo, Milano, Hopli, 1888.] Dal Monte Generoso. Qui dove l'ombra di silvestre pino, Le notturne rugiade e il chiuso fonte Tempran le stati, e il pigro cittadino Nel robusto si spoltre aere del monte, Io venni un di, fuggiasco pellegrino, Per aspre vette al mandrian sol conte; Sparían le stelle, e il limpido mattino Sull'immenso salia freddo orizzonte, Cheta era l' ora, nè sentor d'umana Vita spirava; ed io corsi col guardo La natale a spiar terra lontana. Ahi quanta piena di desio, di duolo M'assalse allor, che sospiroso e tardo All'ospite tornai straniero suolo! Fede e Pensiero. Fanciul spirommi la pietà materna Ma sul cor, che i novelli anni governa, Pur quando al vero salir tento, e audace Sorge il ricordo della dolce scorta, Per via. Quand' io l'allitta e lenta anca trascino Cortese è l'atto di chi vien vicino Una mestizia allor dolce in me scende Per la pietà che altrui negli occhi ho vista, E il piè si spigra, e il duol men crudo offende. Pur collo sguardo che pietà rifiuta M' ergo, e dir sembro: Oh il duol forte m'attrista, Ma saldo è il cor, nè per tristezza ei muta. |