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HARVARD

JUL 2 1895

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Mary Osgood find. (x2 1,2.)

Compiute le formalità prescritte dalla Legge, i diritti di riproduzione

e traduzione sono riservati.

DELLA

LETTERATURA ITALIANA.

SECOLO DECIMONONO.

NOTIZIE STORICHE.

Mentre il generale Bonaparte, che sceso nel 1796 in Italia aveva scacciato gli Austriaci e debellati Piemonte e Venezia, creando la Repubblica Cisalpina, si trovava in Egitto (1798-99), la seconda Lega europea vinse dappertutto gli eserciti francesi, e restaurò i passati governi. Breve fu quel trionfo; perchè, tornato il Bonaparte (9 ottobre 1799) e resosi arbitro della Francia in qualità di primo Console (9 novembre 1799), si volse tosto contro la Lega imbaldanzita dalle recenti vittorie. In Italia ai francesi era rimasta soltanto Genova, dove il Massena fu assediato da austriaci ed inglesi aprile 1800). Vi si difese mirabilmente, nè capitolò (4 giugno), finchè non ebbe esaurito ogni mezzo di sussistenza. Uguale longanimità mostrarono i genovesi parteggianti per Francia. Già il primo Console era calato in Piemonte per le aspre vie delle alpi (17-22 magdei cittadini, allorchè l'austriaco Melas, riavutosi dallo sbalordigio) ed aveva occupata Milano (2 giugno) in mezzo all'entusiasmo mento, si avanzò dall'Appennino ligure per ributtare il terribile corso. Sui campi di Marengo (14 giugno) si decisero le sorti d'Europa. L'Austria dovette accettare la pace di Luneville (9 febbraio 1801) pressochè eguale a quella di Campoformio, che le aveva dato il territorio della Repubblica Veneta. Furono ristabilite le repubbliche ligure e cisalpina, questa accresciuta del Modenese: Lodovico I Borbone, duca di Parma, ebbe la Toscana col titolo di re d'Etruria: Ferdinando III granduca di Toscana e il duca di Modena sarebbero compensati con qualche Stato germanico: Ferdinando IV conservò Napoli e Sicilia, ma cedè l'Elba, lo Stato de' Presidj e Piombino (trattato di Firenze, 28 marzo 1801):

V.

a Pio VII (Barnaba Chiaramonti, cesenate, eletto a Venezia ai 14 marzo 1800) fu restituito il dominio della Chiesa: le sorti del Piemonte si lasciarono sospese, poichè il Bonaparte aspettava un momento propizio per aggregarlo alla Francia, come fece poco appresso (11 settembre 1802): a Carlo Emanuele IV restò la Sardegna: all' Austria il Veneto. Così mutavasi di nuovo l'assetto politico d'Italia, con quanto danno del disgraziato paese è facile immaginarlo, se non altro per le rappresaglie e vendette dei vincitori sui vinti, quasi fosse già lieve cosa il frequente avvicendarsi delle signorie straniere.

Addì 15 luglio 1801 il Bonaparte e Pio VII stipularono un concordato, col quale restituivasi in Francia il culto cattolico. Il papa esitò a lungo, perchè il primo Console usurpava alla Santa Sede parecchi diritti ecclesiastici; infine, consigliandolo il cardinale Ercole Consalvi suo segretario di Stato, considerando inoltre quanto vantaggio ciò arrecherebbe alla Chiesa, s'indusse a ratificarlo (2 aprile 1802); ma le immoderate pretensioni del Bonaparte guastarono poi tale accordo, che era stato cagione di tanta letizia ai popoli. Il primo Console conchiuse la pace anche con le altre potenze, ed in ultimo con la stessa Inghilterra (Amiens, 27 marzo 1802), la più ostinata nemica di Francia. Così posarono dappertutto le armi.

Veramente stupende furono le opere pacifiche del primo Console sia in Francia, sia in Italia. Egli, tanto famoso in guerra, ora si procacciava altre e più pure glorie, e i patriotti italiani lo celebravano restauratore della patria oppressa. Radunata una straordinaria consulta della Cisalpina a Lione (gennaio 1802), le diede un nuovo statuto e la denominò « repubblica italiana. I cisalpini rappresentanti lo gridarono presidente (26 gennaio): era appunto ciò che voleva. Questo pronto ossequio degl' italiani affrettò la proclamazione del Bonaparte a primo Console a vita (2 agosto 1802), e quindi a imperatore dei francesi (18 maggio 1804). Il 2 dicembre dello stesso anno Pio VII assistè alla sua incoronazione in Parigi.

La repubblica italiana non volle esser da meno di quella francese, e gli offrì la corona di re (17 marzo 1805). L'accettò di buon grado, e recossi a Milano per la incoronazione. Non aspettò che il cardinal Caprara gli ponesse sul capo la corona ferrea, ma, come a Parigi, la cinse da sè pronunziando orgogliose parole (26 maggio): il duomo di Milano echeggiò di frenetici evviva. Al governo del regno italico prepose con titolo di vicerè il figliastro Eugenio di Beauharnais: diede Lucca e Piombino in feudo principesco alla sorella Elisa Baciocchi: soppresse la repubblica ligure unendola all'impero (4 giugno), e i genovesi gliene resero infinite grazie. Il fascino dell'uomo fatale aveva accecato i popoli; ed invero la storia d'Europa nei primi quindici anni del secolo si personifica tutta quanta in lui.

Malta non restituita dagl' inglesi ai cavalieri gerosolimitani fu pretesto della terza Lega contro la Francia. Maravigliose le vit

torie napoleoniche; massime quella d'Austerlitz (2 dicembre 1805):
i russi rientrarono nei loro confini; l'Austria segnò la pace di
Presburgo (26 dicembre), per la quale cedè alla Francia tutti i
suoi possedimenti italiani: Ferdinando IV Borbone, scusatosi in-
vano col prepotente vincitore d'aver violata la promessa neutra-
lita, fuggì per la seconda volta in Sicilia (25 gennaio 1806); i fran-
cesi ripresero Napoli (14 febbraio), di cui Napoleone fece re il
fratello Giuseppe (30 marzo). Massa e Carrara furono riunite al
principato di Lucca sotto Elisa Baciocchi: ebbe il ducato di Gua-
stalla l'altra sorella Paolina maritata al principe Borghese, ma lo
vende quasi subito per sei milioni di lire al regno d'Italia. In Ger-
mania ed in Italia Napoleone istitui parecchi feudi (dodici ducati
nel Veneto, quattro nel Napoletano, uno in quel di Massa, tre nel
territorio di Parma e Piacenza) per gratificare coloro che gli ave-
vano reso segnalati servigj: cominciò egli, come poi fecero sul suo
esempio gli avversarj, a mercanteggiare i popoli, mentre risuona-
vano tuttora le solenni affermazioni degli umani diritti decantate
e proclamate dalla rivoluzione francese.

Lo scioglimento dell'impero germanico (1o agosto 1806) spinse la Prussia a muover guerra alla Francia: è questa la quarta Lega; Napoleone conquide prussiani e russi, e stipula con lo czar Alessandro I la pace di Tilsitt (7 luglio 1807). Da Berlino aveva decretato il blocco o sistema continentale (21 novembre 1806) per annientare, secondochè egli erroneamente giudicava, la potenza commerciale degl' inglesi, rimasti soli in armi. Per meglio effettuare quel diseguo, invase il Portogallo e quindi la Spagna, di cui diede la corona a Giuseppe Bonaparte (6 giugno 1808), surrogandogli nel regno di Napoli il proprio cognato Giovacchino Murat (15 luglio). Altri mutamenti subì a quei giorni l'Italia: il regno d'Etruria, tolto ai Borboni, fu aggregato alla Francia (24 maggio), e con lo stesso decreto egual destino toccò a Parma e Piacenza. Poco prima aveva ordinato fossero le legazioni incorporate al regno d'Italia 2 aprile), vendicandosi in tal guisa di Pio VII che non voleva condiscendere ai suoi voleri. Con un decreto da Vienna del 27 maggio 1809 (Napoleone l'aveva di nuovo conquistata guerreggiando contro la quinta Lega europea) riuni all'impero il rimanente degli Stati pontifiej; e siccome Pio VII non si piegava in niun modo e l'aveva (6 luglio) e di li a Savona (15 agosto), dove stette in durissimo scomunicato (11 giugno 1809), comandò fosse tratto a Grenoble carcere; ma il forte vegliardo sfidava imperturbato la tracotanza di Napoleóne, che lo fece trasportare, sebbene infermo, a Fontainebleau (20 giugno 1812); ivi giunse poco dopo egli stesso (19 gennaio 1813): caso fatale, esclama il Botta (St. d'Italia, dal 1789 al 14, lib. XXV), che là dove otto anni prima era Pio arrivato trionfante, ora prigioniero arrivasse; e di là, dove ora Napoleone signore del mondo arrivava, prigioniero due anni dopo se ne partisse. Finalmente, dopochè si furono fatte mutue concessioni,

conchiusero un secondo concordato il 25 gennaio 1813. Napoleone non voleva contrariare i cattolici, poichè, sebbene vincitore della quinta Lega (pace di Schönbrunn, 14 ottobre 1809), tuttavia la sua alterigia soldatesca, le enormi requisizioni di uomini e di danaro ed il blocco continentale pesavano a sudditi e ad alleati. L'Inghilterra, intangibile ed implacabile, suscitavagli nemici in tutti i mari, su tutte le spiagge; ed anche senza l'intervento inglese, i popoli romoreggiavano, e più si fecero sentire quando la grande armata fu distrutta dai ghiacci ruteni (sesta Lega, 1812). La Germania levossi, eroicamente terribile, come un solo uomo: Inghilterra, Russia, Svezia, e poi Austria, Spagna, Portogallo ed anche il Murat, cui fu garantito il trono di Napoli, si unirono nella settima Lega: un milione di alleati contro trecentomila francesi. Nelle memorabili giornate di Lipsia (16-18 ottobre 1813) Napoleone fu fiaccato e rivalicò il Reno: lo inseguirono gli alleati: parve moltiplicarsi difendendo a palmo a palmo il territorio francese; ma le sue stesse vittorie lo finivano, e i francesi erano stanchi di pagare e morire per lui. Parigi capitola il 31 marzo 1814, e Napoleone parte il 20 aprile per l'isola d'Elba.

Il principe Eugenio, fedele al patrigno, si sforzò di conservare il regno italico; ma incalzato dagli austriaci, minacciato dal Murat, sottoscrisse il trattato di Schiarino Rizzino (16 aprile) e lasciò l'Italia (27). A Milano scoppia un feroce tumulto, in cui il conte Prina, ministro delle finanze, onesto e valente, è trucidato dalla plebaglia, messa su dai tristi che volevano il dominio austriaco (20 aprile). Gli austriaci occuparono la Lombardia: intendevano di pigliarsi anco il Piemonte, ma Russia ed Inghilterra non lo permisero, e gl' inglesi, per impedirlo, erano sbarcati a Genova. Tornarono gli spodestati sovrani, salvo a Napoli, dove restò il Murat. Allorchè Napoleone vide la Francia inondata da tanti nemici, lasciò in libertà Pio VII (23 gennaio 1814): aveva ben altro da pensare.

I governi restaurati si diedero a disfare rabbiosamente ogni cosa nuova, ripristinando le vecchie istituzioni anteriori al 1789. In codesta opera stoltissima, il più stolto ed altresì il più perverso, fu Ferdinando IV di Napoli. Bentosto i popoli si pentirono di aver desiderato il ritorno dei loro principi, ed alcuni con stupore, altri con immensa gioia udirono Napoleone fuggito dall'Elba, approdato in Francia (1o marzo 1815) essere rientrato a Parigi (20 marzo) tra gli applausi della nazione francese. Fu un trionfo di cento giorni: a Waterloo (18 giugno) inglesi e prussiani sbaragliarono l'ultimo esercito del despota d'Europa, che venne confinato a Sant'Elena. Napoleone mori su quello scoglio solitario il 5 maggio del 1821.

Giovacchino Murat, cui rimordeva la coscienza d'aver tradito il benefattore e cognato, appena lo seppe giunto in Francia, mentre si dichiarava fedele alle nuove alleanze, mosse coi napoletani (22 marzo 1815) verso l'alta Italia, eccitando col proclama di Ri

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