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rosità si raddoppiò, per necessità del vivere col proprio lavoro, nello scrivere libri e articoli ne' periodici scientifici, avendo dovuto rifiutare l'invito fattogli nel 1825 di andar professore a Corfù, perchè l'Austria voleva che, partendo, non più mai ritornasse, e tornando lo prevedeva ancor maggiormente « infetto di massime rivoluzionarie e sempre più pericoloso ». (Memorie e docum. per l'Università di Pavia, Pavia, Bizzoni, 1878, III, 235.) Visse stentando la vita ed infermo, ma onorato e amato da tutti, e mori l'8 giugno 1835. Scrisse molto con rettitudine d'idee e bontà d'intenti, trat tando quasi ogni parte del diritto pubblico e della filosofia civile, e ciascuna illustrando di nuova luce, dedotta così dalla speculazione intellettuale come dal senno pratico e dal dritto criterio giuridico; ma alla sana e copiosa dottrina e all'efficacia della dimostrazione non accoppiò nelle molte sue scritture la robustezza dello stile e la castigatezza della lingua. Tra le opere sue ricordiamo, oltre la citata Genesi del diritto penale, l'Introduzione allo studio del diritto pubblico universale (1805), i Principj fondamentali del diritto amministrativo (1814), l'Assunto primo della scienza del diritto naturale (1820), il trattato Dell' indole e dei fattori dell' incivilimento (1829), ch'è una specie di filosofia della storia, le Vedute fondamentali sull'arte logica (1832), ec. In materia politica è da ricordarsi l'opera Della costituzione d'una monarchia nazionale rappresentativa, stampata in parte nel 1815 colla data di Filadelfia, intera e postuma e col titolo di Scienza delle costituzioni nel 1848 (Torino, Canfari, 2 vol.). In essa, attorno al principato costituzionale ereditario, propone una rappresentanza elettiva, un Consiglio di protettori che, fra altre funzioni, discute le leggi prima che dal governo sieno all'assemblea presentate, e un Senato conservatore, che mantiene e tutela l'ordinamento statuale. L'appli cazione di tutti quei congegni di governo libero, ch'egli ampiamente espone e discute, ei dice riserbata al momento in che l'Italia sarà reintegrata nella sua fisica unità », e ch'ei vede avvicinarsi, nonostante ogni sforzo, « dei satelliti decorati del ladroneccio». Intanto si aspetti il giorno della politica redenzione» e si preparino le vie colla parola: « la parola è spada acuta, e niuno può sfuggire la sua possa quando serve alla verità e al benessere universale. So che il tempo dell' apostolato è tempo di persecuzione, ma so pure che è tempo di vittoria della parola. Pochi bastano per vincere; e in mezzo alla corruzione e alla viltà universale non manca la provvidenza di suscitare qualche anima grande e forte, che prepari l'ultimo termine de' suoi destini (I, 56) ».

L'edizione più compiuta delle sue opere è quella di Padova, Sicca, 1841-45, in 15 vol., in 8o, curata dal professor ALESSANDRO DE GIORGI. Aggiungi: Scritti inediti, Bergamo, Bolis, 1862. Nel 1852 fu pubblicato dal Le Monnier un Saggio di politica, a lui attribuito, ma probabilmente non autentico.

[Sulla vita e le dottrine di lui v. GIUSEPPE FERRARI, La mente

di G. D. R., Prato, Guasti, 1839: C. CANTÙ, Notizia di G. D. R., Prato, Guasti, 1840 (vi sono aggiunte anche le biografie dettate da GIUS. e DEFENDENTE SACCHI); e in Italiani illustri, Milano, Brigola, s. a., I, 317, nonchè nella Galleria nazion. del sec. XIX, Torino, Unione tipogr., 1861; la Biografia degli ital. illustri del TIPALDO, V, 18, X, 297; A. DE GIORGI, Biografia di G. D. R., Parma, Fiaccadori, 1874; A. NOVA nelle cit. Mem. e doc. per la storia dell'Univ. di Pavia, I, 341; FERD. CAVALLI, La scienza polit. in Italia, Venezia, Antonelli, 1881, IV, 251.]

Che cosa è eguaglianza? - Tutti in questi tempi parlano di eguaglianza, e forse assai pochi ne hanno una vera ed estesa nozione. Il volgo specialmente vi annette un idea, la quale quanto è conforme alla rozzezza del suo intendimento ed è falsa nella sua applicazione, altrettanto lusinga la sua avidità, ed è rivolta a fomentare i più gravi disordini, i quali alla fine riescono più nocivi al volgo stesso, che a quella classe contro la quale da principio sembrano unicamente rivolti. Le conseguenze più moderate dell'opinione volgare del di d'oggi sull' eguaglianza, sarebbero uno spirito d'insubordinazione alle leggi, un poco rispetto verso anche la classe la più virtuosa della società, il desiderio dell'usurpazione di ogni rango, e finalmente il saccheggio o palese od occulto fino delle più ristrette altrui proprietà. E Dio non voglia che molti serigni, molti granai e molte cantine non siansi ormai risentite di questa opinione sull'eguaglianza, anche ad onta delle istruzioni le più pazienti, delle invettive nistri dell' altare fanno risuonare le cattedre della religione le più forti e degli anatemi i più tremendi, dei quali i miper insinuare una guisa opposta di pensare. Qui la filosofia presta l'opera sua alla religione, e la religione dovrebbe cogliere questo momento per fiancheggiare la filosofia.

le mie parole. Voglio credere perciò che essi non abbiano far arrossir quelli che nol compongono, se rivolgessi a loro Qui si parla al volgo e nello stile del volgo. Crederei di nulla di comune con alcuni pretesi maestri in gazzette, i quali per questa parte sono assai meno del volgo stesso. Volete voi sapere cosa intendere si debba per eguaglianza in morale ed in diritto? Immaginatevi il fatto seguente. Robinson e Zadich colle loro mogli fanno un viaggio dove si salvano. Le loro barche, restate in possesso delmare. Si solleva una tempesta e sono gittati in un'isola l'acque e dei venti, vengono rotte e disperse; onde sono costretti di rimanere nell'isola senza poter più ritornare

alle loro case.

ma senza abitanti, perchè furono prima rapiti dai corsari. In esse si trovano attrezzi di agricoltura ed agio abbastanza Per buona sorte in quest' isola vi si ritrovano delle case,

da ricoverarsi. L'isola ha alcun poco di terreno colto, e alquanto frumento per seminare. Robinson e Zadich comprendono che per sostentarsi è necessario di coltivare la terra: quindi convengono di dividersela in porzioni eguali, e di aiutarsi nel resto alle occorrenze.

In capo ad un anno Robinson e sua moglie essendo più attivi, robusti ed industriosi dell'altra famiglia, raccolgono alcuni sacchi di più di grano. Quindi ecco la disuguaglianza fra le due famiglie nei prodotti utili.

Accade che Zadich viene a produrre molti figli, ed i proventi del suo campo non bastano ad alimentarli tutti. Robinson per lo contrario non ne genera che due soli, ed egli di mano in mano ha migliorato il suo fondo. Quindi Zadich si presenta a lui e gli offre parte della sua terra, chiedendo in corrispondenza altrettanto grano da alimentare la sua famiglia. Robinson accorda un tale contratto, ed eccolo più ricco di Zadich anche riguardo ai fondi. Così si verifica una disuguaglianza di beni stabili.

Finalmente cresciuti i figli di Zadich e trovandosi angustiati dalla moltitudine e dalla ristrettezza del terreno, uno di essi per nome Orondal si reca da Robinson, offrendogli di coltivare per esso parte del suo campo, con patto di dividerne seco i frutti. Robinson lo accetta. Ed ecco stabilita non solo la disuguaglianza, ma anche l'opposizione rapporto alla proprietà. Robinson possiede, ed Orondal no; Robinson comanda, ed Orondal serve.

Interrompiamo qui la storia e facciamo qualche riflessione. Credete voi che in tutta la serie di questo racconto, queste due famiglie abbiano osservata la giustizia naturale? Voi lo sentite nel fondo del vostro cuore. Credete voi che abbiano osservata l'eguaglianza di diritto? Si certamente; ed appunto hanno osservata la giustizia, perchè hanno operato a norma dell'eguaglianza. Ma realmente esse sono divenute fra di loro disuguali. Lo concedo, ma dico che appunto sono così disuguali e lo sono con giustizia, in vigore del principio dell' eguaglianza. Nol comprendete ancora? Io mi spiego.

Ditemi: se al momento che Zadich e Robinson sbarcarono colle loro mogli, Zadich avesse ammazzato Robinson, avrebbe egli fatto una cosa giusta? Voi rispondete di no. E perchè? Perchè, voi mi direte, Zadich non era padrone della vita di Robinson. Ma perchè, chieggo io, non n'è egli padrone? Perchè, voi replicate, Zadich è un uomo come Robinson e niente più: e quindi se Zadich avesse avuto diritto di uccider Robinson, questi per egual ragione avrebbe avuto diritto di uccider Zadich; la qual cosa involge contradizione.

Ma trovandosi essi in un luogo dove non vi sono nè leggi nè tribunali nè pene, sarebbe stato almeno lecito al momento dello sbarco a Zadich di spogliare Robinson dei suoi

vestiti o di legarlo come un cane e farselo schiavo? Il vostro cuore e la vostra bocca con impazienza mi rispondono di no. E perchè tutto questo? Per lo stesso principio di prima: e poi, replico, Robinson avrebbe avuto lo stesso diritto dal canto suo sopra di Zadich.

Voi dunque sentite, che, almeno in quest'epoca, l'eguaglianza è il principio di giustizia unico fra gli uomini: che quest'eguaglianza è fondata su di una verità fisica di fatto: cioè, che ogni uomo tal qual è realmente in sè stesso, nella guisa di nascere, nella figura e nelle facoltà interne, a dir breve, tanto riguardo alla macchina, quanto riguardo allo spirito nei suoi bisogni e nel suo fine, è simile ad ogni altro nomo.

Voi avete sentito del pari che nella divisione delle terre fu osservata l'eguaglianza fra le due famiglie.

Ma se l'uno dei due avesse voluto cacciar l'altro dal fondo e dalla casa avanti il raccolto per impossessarsi dei frutti pendenti? Voi mi dite che ciò sarebbe stata iniquità. E perchè? Perchè, mi rispondete, Robinson e Zadich essendo eguali ed essendo ognuno di essi in casa propria e sulla sua terra al pari dell'altro vero padrone, non sarebbe stato lecito all'uno di spogliar l'altro del suo possesso per usurparselo egli. Che se volessimo concedere un tale diritto di usurpazione, converrebbe concederlo ad entrambi, poichè non v'è nissuna ragione di preferenza nè nella natara delle cose nè in alcun patto tra di essi stabilito. Laonde un tale diritto, oltre di essere barbaro, violento e distruttore della pace e della stessa vita, sarebbe altresì assurdo e contradittorio.

Dunque necessariamente deve riconoscersi che l'unico principio che fa sentire socialmente giusta e sacra la proprietà delle cose e per cui debba essere rispettata, si è la eguaglianza. Ma Robinson e Zadich, di già padroni del fondo coltivato colla loro industria, divengono altresì padroni dei frutti che ne derivano. Se dunque il fondo di Robinson produce di più del fondo di Zadich, Robinson rimane tuttavia legittimo padrone anche del di più, per la stessa ragione per cui egli è padrone del meno. Ora siccome era in forza dell'eguaglianza che si rendeva inviolabile la di lui proprietà, sarà appunto in forza dell'eguaglianza stessa che renderà inviolabile il possesso di un maggior aumento di ricchezze, acquistato senza offendere i confini dell'eguaglianza altrui.

E ben chiaro che se il di più che Robinson possiede non lo avesse acquistato rispettando l'eguaglianza sua con Zadich, cioè a dire, se glie lo avesse usurpato o con violenza o con inganno o con timore, egli non ne sarebbe divenuto nè anche col tempo legittimo padrone: ma è del pari evidente che avendolo acquistato coll'industria ed anche coll'aiuto di quella che chiamasi fortuna, e cosi col non ferire

niente il fatto altrui, egli deve considerarsi legittimo padrone dello stato suo maggiore, in forza appunto del principio dell'eguaglianza.

Perciò si sente altresì che non rimane leso il diritto dell'eguaglianza anche nella situazione in cui Robinson è ricco ed Orondal povero, in cui il primo è padrone e possidente, l'altro servo e semplice agricoltore. Piuttosto, se Orondal volesse rompere a capriccio un tale rapporto, egli violerebbe l'eguaglianza; e se taluno volesse giustificarlo, autorizzerebbe un'incessante guerra fra gli uomini, e ridurrebbegli allo stato dei lupi, degli orsi e dei leoni. Disinganniamoci: fra l'eguaglianza ben intesa ed il ferreo ed orrendo diritto del più forte non v'è mezzo ragionevole.

Procediamo più oltre. Queste famiglie si aumentano e l'isola diviene popolata. Alcuni corsari si affacciano ad essa, e gli abitanti fanno loro resistenza sotto la condotta di un capo da loro scelto. Egli respinge i corsari colla vittoria. La riconoscenza nella nazione vuole perpetuare la memoria di questo fatto e premiare il capo che si è segnalato, con decretargli una distinzione personale di onore, estesa anche alla di lui famiglia e discendenza.

Direte voi che ciò violi il diritto di eguaglianza naturale? Niente affatto. A chiunque altro co'talenti e col coraggio era aperto il campo di distinguersi in siffatta maniera: e quando per un consenso unanime della nazione un tale eroe ha acquistato l'anzidetta distinzione, egli ne diventa legittimo proprietario, al pari di quello che colla sua industria acquista un dato fondo o ne raddoppia il raccolto. Quindi, in virtù dell'eguaglianza, la quale fa sì che taluno non possa usurpare ciò che l'altro possiede di sua ragione, quantunque possegga di più, in virtù, dico, dell'eguaglianza stessa, il popolo o il privato non può privare senza ragione l'eroe o la sua discendenza della distinzione di cui è in possesso. Ed ecco che l'eguaglianza, e la sola eguaglianza, lungi dall'essere contraria, anzi rende legittima la distinzione stessa dei ranghi; e come essa è un freno per i superiori a non soverchiare illegittimamente gl'inferiori, è del pari un freno degli inferiori a pro dei superiori, onde non essere a capriccio spogliati dei frutti dell'industria, dei talenti e del coraggio.

Se vogliamo parlare con esattezza, l'eguaglianza non è veramente un diritto, ma bensì essa è la misura e la salvaguardia naturale dei diritti.

Ma poniamo che nella popolazione di quest'isola si facessero leggi o suntuarie o agrarie, le quali limitassero le proprietà delle famiglie al puro bisognevole, e il di più per un assoluto comando lo togliessero ai proprietarj per darlo ai più poveri; cosa ne deriverebbe egli? Oltrechè tale costituzione sarebbe contraria ai primitivi naturali diritti, come sopra abbiamo dimostrato, essa sarebbe la sorgente

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