Page images
PDF
EPUB

«sì che oramai sono un misero impotente, buono a nulla. « Un moncherino! Addio carriera! E me ne andrò in tisico « con questo petto sfracassato. L'accudirmi t'infelicita; viver << miserrima per me. Hai rinunziato a tutto per una compa«gnia che non può contribuire alla tua felicità. »>

[ocr errors]

Ed ella, chinandosi verso di lui con gli occhi sfavillanti, sebbene ancor lagrimosi:-«Oh Maurizio» rispose cosa « dici? cosa dici mai? La felicità mia è nello starti accanto, « è nell'esser tollerata da te. Io sono la più felice del mondo << se tu m' ami; e non cambierei con la più ossequiata ma«dre. Infelice io? quando so che non debbo più temere per

la tua vita; quando tu hai arrischiata questa vita per un « insulto a me fatto? Infelice, io? Non potrò dirmi tale, che « il giorno in cui mi scaccerai. »

Ed il giovane pensava: Ma se lo dicevo io che non c'è « verso di liberarsi d' una donna che si sacrifica per noi! Chi << m'insegna il modo di disgustarla di me? Chi m'insegna «< come far cedobonio di tanta felicità? »

Della sorella d'Almerinda, Berenice, e di quel che le avvenne, carissime lettrici, narrerò un' altra volta, con comodo, quandochessia.

X.

Davide Federico Strauss, quasi su lo scorcio dei suoi giorni, raccolse in sei conferenze la vita ed il giudizio su le opere di Voltaire, dedicandole alla principessa Alice di Assia. Di Voltaire, morto da quasi un secolo, erano stati portati giudizi disparatissimi, or lodato a cielo, or ricolmo di contumelie e d'imprecazioni: lo Strauss si propose di giudicarlo imparzialmente, senza entusiasmi nè ire preconcette. È riuscito nell'impresa?

Noi crediamo, che l'imparzialità nella storia rimanga sempre un desiderio, e che, per conati che si facciano, niuno perviene mai a disvestirsi della propria persona, per mettersi tutto intero ne'panni di un'altra.

E poi lo Strauss confessa di voler giudicare Voltaire da tedesco; confessione che in un tedesco meno sereno dello Strauss basterebbe a togliere, oggidì, grandissima parte di credibilità. Chi pensasse così dello storiografo tedesco però, s'ingannerebbe: Strauss è piuttosto benevolo verso il suo autore, ed, esperto delle violente persecuzioni, niuno più di lui si sente più vicino al fato di Voltaire. Autori entrambi di pericolose critiche, Voltaire e Strauss in qualche parte si rassomigliano, per quanto uno scrittore francese del secolo decimottavo può rassomigliare ad un tedesco del decimonono; per quanto un allievo di Locke può rassomigliare ad un allievo di Kant. Voltaire è anzi, a giudizio dello Strauss, lo scrittore che più ri

(1) Questo scritto si riferisce principalmente all' opera recente dello Strauss, intitolata: «Voltaire, Sechs Vorträge von David Friedrich Strauss, Leipzig. 1872. »

tragga della sua nazione, lo scrittore in cui questa più sinceramente si specchi; ed il secolo decimottavo è il secolo, dove la Francia più potentemente conferisca su la storia del mondo. Il secolo decimosesto, con la Riforma, contrassegna la prevalenza germanica: Olanda ed Inghilterra prevalgono nel decimo settimo per le grandi rivoluzioni politiche: nel decimottavo la Francia, comunicando con la cultura inglese, per mezzo di Voltaire e di Montesquieu, se l'assimila, la aggradisce e la diffonde. L'ingegno dove si compie questa assimilazione di tutta quanta la cultura precedente è appunto quello di Voltaire, la cui anima non era fornita di un'attitudine esclusiva, non era monarchica, dice Strauss, non era signoreggiata da un'idea, ma si piegava docilmente a tutte, tutte egualmente le comprendeva, e si poteva ben chiamare legione: mein Name ist Legion!

La sua vita, lunga e feconda, diè tempo al suo ingegno di dispiegarsi per tutte le direzioni, perchè nato sul tramonto del regno di Luigi XIV, egli attraversò la Reggenza di Filippo d'Orleans, vide il lungo regno di Luigi XV, ed, ottuagenario, potè salutare l'aurora del regno di Luigi XVI.

Lo Strauss divide in quattro periodi la vita del Voltaire, uno che comprende la sua prima giovinezza fino all'esilio in Inghilterra, avvenuto il 1726; l'altro che dai tre anni dell'esilio va fino al ritiro nel Castello di Cirey, presso Madama di Châtelet, e finisce con la costei morte nel 1749; il terzo che dall' accettazione dell' invito di Federico II di Prussia, e dal soggiorno in Berlino ed in Potsdam finisce col ritorno nella Svizzera, con l'acquisto di Ferney, ed abbraccia l'ultimo ventennio della vita di Voltaire, dal 1758 al 1778, ch'è il più tranquillo, il più fecondo, ed il più importante.

Su la distribuzione fatta dallo Strauss non c'è da ridire, non essendo fatta a casaccio, ma fondata su la varia operosità dello scrittore.

I documenti di quella vita così ricca e così celebre abbondano; che oltre al copioso epistolario lasciato dal Voltaire, rimangono le note de' suoi tre secretari, e le non poche biografie, da quelle di Duvernet e di Condorcet fino a quella di Gustavo Desnoiresterres.

Lo Strauss, discorrendo con persone ch' ei suppone informate della vita e de' casi del Voltaire, vi trascorre sopra con molta rapidità; più si ferma sul giudizio delle opere, e tra queste a preferenza su le dottrine filosofiche e le teologiche. Può darsi, che delle poetiche e letterarie egli abbia stimato essersi scritto abbastanza dai critici tedeschi e francesi, cominciando da Lessing, da Goéthe, e poi dall'elogio di La Harpe fino ai corsi di Letteratura francese del Villemain. Noi, dove occorrerà, pur di questi critici, e di altri scrittori terremo conto per chiarire o modificare qualche giudizio, seguendo però principalmente le tracce dello Strauss, che ne ha fatto un diligente studio.

Francesco Maria Arouet nacque a Parigi, il 21 novembre 1694, da Francesco, e Maria Margherita Daumart. Questa data e questo luogo ritiene lo Strauss, benchè altri avessero opinato diversamente. Sul nome della madre lo Strauss non menziona dispareri, ma il Beuchot, nelle note alla vita del Voltaire scritta dal Condorcet, scrive che il nome di lei fosse non già Margherita, ma Maria Caterina.

Di dieci anni entrò nel collegio Luigi il Grande, diretto dai Gesuiti: quale istruzione vi avesse avuta, lasciò giudicato il Voltaire stesso, quando scrisse di avervi imparato « du latin et de sottises. »

Esce di collegio, sedicenne, ed il padre voleva già avviarlo per gli studi del Dritto; ma il giovanetto non voleva saperne, e si sentiva attirato alle lettere. Pel padre era una vera disperazione, chè il buon uomo teneva quegli studi per inutili, ed a mettercisi si correva pericolo di morir di fame. Oltre alla qualità sospetta degli studî, il giovane Arouet prese a bazzicare in una società detta del Tempio, dove si adunavano nobili e poeti, che non ponevan freno ai loro scherni; gente incredula e motteggiatrice. 11 padre se ne impensieri seriamente, e fece prendere il largo al figlio, mandandolo all' Aia. Quivi però fece di peggio, s'innamorò di una giovinetta, certa Olimpia Dunoyer, la cui madre, abbastanza faccendiera, cercava per la figlia tutt' altro partito, che di un imberbe poeta. Sfrattato dall'Aia, rieccolo a Parigi, non meno scapato di prima. Il padre insisteva pel nobile studio di procuratore;

[ocr errors]

e il figlio a tornare alla società del Tempio, ed a sbrigliarsi in epigrammi. Sotto la Reggenza fece una satira in stile epigrafico, che gli fruttò di essere embastillé, come scrive egli stesso, chiuso cioè nella Bastiglia per undici mesi. Ecco la satira. Regnante puero, veneno et incestis famoso administrante, ignaris et instabilibus consiliis, instabiliori religione, aerario exhausto, violata fide pubblica, injustitiae furore triumphante, generalis imminente seditionis periculo, iniquae et anticipatae hereditatis spei coronae, patria sacrificata, Gallia mox peritura.

Nel 1718 Voltaire si volse ad opere di più lunga lena, е tentò la tragelia, ed osò, scrivendo l'Edipo, rimaneggiare il puro marmo su cui si era esercitato lo scalpello di Sofocle. La Harpe ne lo loda, e pieno di ammirazione si lascia sfuggire questo arrischiato giudizio, che Sofocle era stato perfezionato. Villemain dà su la voce al critico suo predecessore, e lo biasima di aver creduto il marmo divino di Sofocle fosse una pietra greggia, che fosse stato necessario di ripulire. Il riscontro ingegnoso che il Villemain istituisce tra la tragedia antica di Sofocle e questa imitazione moderna di Voltaire, non lascia luogo ad esitazione alcuna per chi ha il gusto delle cose belle; nondimeno l' aver tentato questa imitazione è già un grande ardimento per un poeta di ventiquattro anni.

L'anno appresso l' Edipo fu stampato con una dedica, nella quale per la prima volta il poeta si firmava Arouet de Voltaire. Donde aveva preso questo cognome, ch'è stato poi il suo nome di guerra, e col quale è diventato famoso e popolare?

Lo Strauss lo crede un anagramma, e lo spiega così. Egli si firmava Arouet le jeune: ora prendendo le lettere di Arouet e le due iniziali 1, ej, si è formata la parola Voltaire; non altrimenti che il suo prefetto nel collegio de' Gesuiti aveva cangiato il nome di P. Thoulié in Abate d'Olivet: così soleva farsi. Altri invece ha sostenuto, che Voltaire fosse il nome di un podere di proprietà della madre, e contro l'opinione dell'anagramma, accettata dallo Strauss, il Beuchot osserva che Voltaire non si firmava Arouet le jeune, ma Arouet le cadet.

Comunque siasi del cognome, l'Edipo fece conoscere l'ingegno del giovane poeta, e 'l padre medesimo, si conta, non vide con occhio indifferente i trionfi del figlio, sebbe

« PreviousContinue »