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LETTERATURA, STORIA E FILOSOFIA

Arthur Schopenhauer-His life and his philosophy-by Helen Zimmern. London, Longmans. 1876 (1 vol, p. X. e 249.).

È un lavoro scritto colla simpatia, talvolta entusiastica, d'un discepolo- — a labor of love, come dice l'autore stesso. Più che all'esposizione delle dottrine, delle quali, fuori di Germania, ha dato un ottimo sunto il Ribot, Miss Zimmern attende ad illustrarle, dipingendo l'indole e narrando la vita del maestro. Di taluni scrittori, degli antichi sopra tutti, l'oggettività scientifica o artistica è così perfetta, che i casi della loro vita interessano più per curiosità erudita che per necessità d' intendere l'opera loro. Dei moderni invece, salvo qualche eccezione di taluno, p. e. il Macaulay, men dissimile dagli antichi, ha luogo appunto il contrario. E tra coloro, pei quali la conoscenza dell' indole e della vita è la migliore illustrazione alle opere, va annoverato lo Schopenhauer. Questa illustrazione ha saputo dare la scrittrice Inglese con tanto ordine, con tanta eleganza, con tanta accurata scelta e ordinata disposizione dei molti materiali rac colti dai devoti discepoli dello Schopenhauer, che di un libro, il quale potrebbe dal titolo presumersi una poco amena disquisizione erudita o filosofica, ha saputo fare una simpatica e utilissima lettura.

Molti concetti dello scrittore si spiegano coll' indole e colla storia dell' uomo. Uscito da una famiglia nota per certe particolarità ereditarie, giovanissimo orfano di padre, costretto a disistimare la madre, dotato da natura d'ingegno potente, ma di orgoglio anche maggiore, di temperamento in sommo grado nervoso e irritabile, non fa maraviglia se Arturo Schopenhauer ebbe quella propensione al pessimismo, che ingiganti, quando dagli uomini si vide negata per molti anni l'ammirazione, che era convinto di meritare. Era smisuratamente vanitoso: grande spregiatore delle opere altrui, specialmente de filosofi i quali, dopo Kant, diceva tutti ciarlatani, cominciò a cercarne

assiduamente le opere, quando sperava parlassero di lui; e di chi lo lodava o ammirava diventava egli stesso lodatore e ammiratore esagerato. E qui è curioso notare, come rimanesse contentissimo del Dialogo pubblicato dal De Sanctis nel 1858, e andasse dicendo: questi il primo, fra gli espositori della sua dottrina, averla assorbita in succum et sanguinem: pare che nè lo Schopenhauer, nè la Zimmern abbiano intesa l'ironia, abbastanza esplicita del resto, che predomina nella scrittura dell' illustre critico Italiano.

Il pessimismo Schopenhauer praticò nella vita e insegno nelle opere. Giunse a certi eccessi, che sembrano morbosi; sospettava di tutto e di tutti; non s'affidò mai al rasoio d'un barbiere; portava sempre con sè un bicchiere per paura di contagio; al ricevere d'una lettera tremava prevedendo cattive nuove; scriveva i conti in Greco o in Latino, e sopra i cuponi « Arcana Medica »; tra i suoi detti favoriti era: «è meglio temere che fidarsi ». Negli scritti idealizzò quasi la sua indole. «La misantropia di Timone Ateniese è affatto diversa dal malvolere dell' uomo malvagio. Deriva dal conoscere la scelleratezza e la follia degli uomini in generale, ma non si rivolge contro gl'individui, sebbene questi possano darle la prima occasione. Riguarda l'universale, ed ogni individuo è considerato quasi un esempio. Comprende anche un certo nobile dispiacere, che sorge dalla coscienza d'una natura migliore ribellatasi contro l' inaspettata malvagità degli uomini. >>

Pur ammirando il lavoro della Zimmern, è lecito reputare spesso mal riusciti i suoi tentativi di giustificare le stravaganze pratiche e dottrinali del maestro. A questo Goethe scrisse nell' albo un monito salutare :

Willst du dich des Lebens freuen

So musst der Well du Werth verleihen.

Schopenhauer, indomabile, notò a margine questa citazione da Chamfort: Il vaut mieux laisser les hommes pour ce qu'ils sont, que les prendre pour ce qu'ils ne sont pas. » E di suo vi aggiunse: «Rien de si riche qu'un grand soi-même. » Or è lecito tenere il motto del grande poeta come un più giusto principio di dottrina e una più sana regola di vita.

Ad ogni modo l'amore pel proprio soggetto, se è lo scoglio delle biografie, è pure una qualità indispensabile a renderle animate e piacevoli. Nè, in questa, trasmoda al segno di diminuire l'impressione

simpatica del libro. La Zimmern annunzia un lavoro analogo sopra Lessing. L'argomento, per la massima parte delle persone colte, é di gran lunga più interessante; e l'aspettazione che, dopo questa prima prova si ben riuscita, si desta per la seconda, è a buon diritto non piccola.

D. Allicata. Vuoto, Napoli, tipografia de Angelis 1876.

rattere ».

Il signor Domenico Allicata è un giovane scrittore, che fa oggi la prima prova nel campo del romanzo intimo. Nuovo è l'argomento della favola, facilissimo lo stile, mirabili per efficacia d'azione le scene principali. In questo libro è protagonista, più che uno di quei spostati descritti dall'Uda, meglio che uno di que' ribelli sceneggiati dal Costanzo, un giovane vuoto di genio, di volontà, di cuore; uno di quei tanti, che, dopo leggieri e febbrili tentativi di mente volubile, finiscono scioperati e disutili. Facili a mutare occupazioni, più facili a fabbricar castelli in aria, sempre irrequieti, pronti sempre a grandi propositi, fiacchi però al lavoro e più fiacchi ancora a perseverare nel cammino, è tutto detto quando, nell' incontrarli per via, la gente suol mormorare: « e' son buoni a nulla perchè privi di caMa di carattere, nel romanzo dell' Allicata, è fornita a dovizia la fanciulla Maria, la cui bella figura contras ta vivamente con la figura vana di Enrico. La loro vita a volte s'intreccia, a volte si separa; qua pare che la serenità dell' una rianimi di vita nuova le forze dell' altro, là che ella stessa si accasci sotto la piena de' sagrifizii e de' dolori; più fiate s'incontrano, e più fiate si lasciano come per lo innanzi, sempre gli stessi: Enrico tutto fiacchezza di sentimenti e vanità d'ambizioni, Maria tutta fede e tutta energia. Qui infine l'artista, la cui gloria tramonta tra' fischi della platea, chiude il romanzo con la parodia di un suicidio; là, al contrario, la povera fanciulla va sposa onorata all'unico amico di casa, al fido amico del tempo triste della prova. E lungo il corso del racconto, altre figure ravvivano di minor luce l'azione principale, e mantengono vie più desta l'attenzione del lettore.

È un racconto, che arieggia a romanzo, diluito in un volume di 421 pagine. Sul principio desta poco interesse, perchè l'argomento si svolge fra scene comuni; a misura che si progredisce nella lettura si prova una certa attrattiva, generata dall'intreccio del racconto. Ciò che è notevole e mirabile in questo giovane autore è una ricchezza d'immaginativa, che genera sempre nuovi e fatti nuovi epi

sodi; anzi il carattere del giovine vuoto non si svolge per via di analisi, ma per nuove vicende, per nuove congiunture, che mostrano sempre più a nudo il tarlo di quel cuore. Ed è questo un gran merito del sig. Allicata. Ma nell' intreccio non v'è organismo, non v'è sufficiente legame interiore, sicchè i fatti si svolgano naturalmente come cosa da cosa. Parecchi di quei fatti sono posti lì, perchè sono posti li; non perchè lo svolgimento della favola li richiedesse per sua chiarezza; e voi potete sopprimerli senza nuocere me nomamente al racconto; anzi taluni fanno ingombro e vanno sop. pressi. I personaggi principali sono pennelleggiati bene specialmente le donne, specialmente Maria; ma per un romanzo troppo angusto è il mondo fra cui l'autore si avvolge e ci avvolge; non c'è l'eco d'una vita più ampia, d'una società più interessante, ed il lettore è tenuto quasi sempre fra scene comuni, scene volgari, fra pettegolezzi di nobili dame; e neppure per uno spiraglio può intravedere un orizzonte di affetti ed idee più largo di un mondo più elevato, se non fosse talora attraverso il cuore della bella Maria. L'autore ci par troppo giovane, e non può ancora avere quella coscienza matura, quella esperienza consumata della società, quella forza d'intelligenza, che illumina le cose di cui parla, requisiti indispensabili per fare un buon romanzo. Ma c'è in lui, anche nelle sue noiose descrizioni, una grazia, una mollezza che vi attira. Il suo stile senza nerbo si colora, la sua frase si fa fresca e piena di spirito, il dialogo interessante, quando ci vuole fare, assistere ad uno di quei gentili colloquii di belle e nobili fanciulle, venute quaggiù per delizia di pochi fortunati mortali ; e per questo gli facciamo sinceri compli menti.

Noi riteniamo questo vuoto come lusinghiera promessa di miglior riempimento!

La Relazione sulle Scuole primarie maschili del Municipio di Napoli, scrilla dal prof. G. B. Solari.

un lavoro, il quale attesta che l'autore ha studii severi nelle discipline didascaliche e pedagogiche ed insieme un affetto sincero pel progresso delle scuole popolari. Vi sono descritte fedelmente le condizioni, nelle quali versavano le nostre istituzioni scolastiche, or sono due anni, quando un'inchiesta consiliare, fatta da uomini autorevoli, ne metteva a nudo le piaghe, e vi è detto quel che si fece per opera

dei Direttori didattici e col conforto della Commissione permanente per la P. I., per migliorarle. Il relatore vi passa a rassegna le scuole in tutto il loro organismo, e benchè la natura del lavoro lo stringesse nei limiti angusti d'una rapida relazione, nondimeno vi scorgi abbondanza di pensieri, giustezza di criterii e vera scienza, che ha a fondamento l'osservazione leale e coscienziosa dei fatti, senza idee preconcette e riguardi a persone.

Esamina la scuola in rapporto alle condizioni morali, intellettuali e materiali, ai mezzi per migliorarla, ai sistemi di esami, ai libri di testo; alle relazioni di essa con la famiglia, e ricerca i modi di affermarle e renderle efficaci; in rapporto all'amministrazione, e presenta i lavori fatti od avviati di un nuovo regolamento più razionale dell'antico; nè trascura di mostrare quanto fu operato per istabilire un regolare sistema di statistica. E ci piace notare come l'autore, con isquisito senso di giustizia, accenna soventi all'opera speciale di alcuno dei suoi colleghi, come a quella del prof. Pasquale, noto per la sua predilezione agli studi pedagogici, il quale ebbe parte attiva ed intelligente in tutti i lavori compiuti per le scuole municipali. Questa Relazione, quindi, è ben degna di stare a lato della Memoria su S. Tommaso di Aquino, l'Impero e il Papato, e di altre scritture pubblicate dal Solari.

Il Presente delle Principali arti del Disegno in Italia
Considerazioni di Enrico Cardona, Napoli, 1876.

È un opuscolo di quaranta pagine, dove, accennato alla natura dell'arte, alle sue relazioni con la scienza, alla critica nell'arte, e ad altre nozioni generali intorno all' argomento, con un rapido sunto storico discorre dell' Architettura, della Scoltura e della Pittura in oriente, e ne va esaminando i capolavori: con ugual sicurezza di criterio discorre delle tre principali arti del disegno nel giro della civiltà occidentale, massime della scultura greca, etrusca, romana e loro stili; e delle stesse arti nel mondo cristiano, fermandosi a preferenza nella scultura e pittura medievale, e nell' architettura, scultura e pittura moderna. Leggendo le quali pagine chiunque può scorgere che chi le ha scritte è appieno padrone della materia, che tratta, e non trascura nessuno elemento sociale o religioso che abbia potuto contribuire al movi mento artistico di quei diversi periodi. Nè mancano quelle opportune considerazioni, quei ragguagli, quel trovare le ragioni dell'arte

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