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nomina il Ponce, il quale aveva istruito due fratelli e una sorella del contestabile di Castiglia, e non il solo fratello minore ceme si legge nel Digby. Questi afferma di aver più volte parlato con quel nobile spagnuolo, senza che gli abbia fatto conoscere di contare nella propria famiglia altri compagni dello stesso infortunio. Eppure questi infelici sono naturalmente inclinati a manifestare (quando sono in grado di farlo) agli altri anche non pria veduti nè conosciuti, per poco che a lor si avvicinino con segni esteriori di amorevolezza e di benevolenza, quanto ha con essi il minimo rapporto: tanto ci dimostra l'osservazione e la giornaliera esperienza. Il Morales inoltre, che entra in qualche dettaglio sui tre sordo muti della anzidetta famiglia, in quella guisa appunto che nomina don Pietro da Velasco per la sua più che ordinaria istruzione, (17) non avrebbe forse per la particolarità del fenomeno, nominato anche quei che non sentiva l'esplosione d'una bomba sparata vicino alle sue orecchie? Ma udiamo il Digby stesso non tradotto in questo luogo dal Lanis. « Se taluno sia curioso di conoscere per quai gradi, o con qual metodo questo precettore, ( il sacerdote spagnuolo) abbia proceduto nell' istruire, potrà sodisfarsi leggendo il libro da lui scritto su tal soggetto in idioma spagnuolo....... Questo sacerdote, il cui libro e l'arte in quello descritta dettero occasione a un tal racconto, trovasi adesso al servizio del principe di Carignano, come ho inteso da alcuni, esercitando colà il medesimo ufficio d'istitutore che praticava una volta, allor quando istruiva il fratello del contestabile, cui ho più volte parlato nel trovarmi in Ispagna in compagnia del principe di Cambridge, ora nostro re serenissimo».. Anche qui si parla nuovamente di un libro composto per uso

(17) De quorum altero Petro a Velasco nuncupato, mirum esse ait, quae et quanta intra vigesimum aetatis annam, ad quam vixit aetatem, didicerit. Nicolaus Anton. 1. c.

di coloro che avesser voluto occuparsi di quella sorte d'istruzione. Crediamo inutile affatto il trattenerci a dimostrare che quell'opera non potrebbe appartenere a fra Ponce, dopo quello che abbiamo detto antecedentemente allorchè parlammo del Rodriguez anteriore al Digby. Ma ciò che mostra ad evidenza l'abbaglio preso dall' Andres, e che pone, come suol dirsi, la falce alla radice, si è che quel sacerdote spagnuolo, così dimostra il contesto, viveva a' tempi dello stesso Digby « Adhuc (ut a quibusdam accepi) in famulatu principis Carignani degit ec. ». Come dunque possiamo supporre che il Ponce, il quale era già morto nel 1584, fosse contemporaneo del Digby che nacque nel 1603? (18)

Avendo in tal modo mostrato, per quanto ci sembra, che nè il Rodriguez, nè il Digby hanno potuto parlare del Ponce, siccome è stato creduto dall'Andres, riprenderemo il filo del nostro ragionamento.

Dall' aver conosciuto quali e quanti erano i frutti che produceva la scuola che s'incontra come la prima la quale sia stata aperta a benefizio della umanità per opera ed industria del tante volte mentovato fra Ponce, forse taluno ricercherà qual fosse il metodo da esso adottato per istruire i sordo-muti dalla nascita in tante e sì varie cognizioni. Noi però, mentre non osiamo da un lato congetturare qual possa essere stato il suo metodo d'istruzione, francamente affermiamo dall'altro, che un sistema comu

(18) Il Digby (Kenelme) conosciuto sotto il nome del Cav. Digby, fu chiarissimo per la sua virtù e sapere. Nacque in Inghilterra da antichissima famiglia nel 1603. Passò in Francia nel 1644, ove fece amicizia con Cartesio, e col quale conferì molto sul suo trattato dell'immortalità dell'anima, che pubblicò nel 1651. Torno a Londra quando Carlo II. fu ristabilito sul trono. Mori in quella città agli 11. di Marzo, giorno della sua nascita, nel 1665. V. Bayl. e altri.

nicativo esister doveva senza dubbio tra l'istitutore e i suoi allievi, poichè con l'unico mezzo della pronunciazione non poteva il maestro entrare e mantenersi in comunicazione con gli scolari, onde procedere allo sviluppo delle lor facoltà intellettuali. Lasciando adunque da parte tutto ciò che spetta all'arte di far parlare i sordo-muti, convien confessare che ideologica fosse sino dal suo bel principio l'istruzione del Ponce. E che fosse tale, apparisce secondo quel che ci sembra, dalle seguenti espressioni che al C. 3. del comunissimo libro de sacra philosophia del celebre medico Francesco Vallesio si leggono: « Petrus Poncius Monacus s. Benedicti amicus meus natos surdos docebat loqui non alia arte quam docens primum scribere, res ipsas digito indicando, quae caracteribus illis significarentur, deinde ad motus linguae, qui caracteribus responderent provocando ». Abbiamo pertanto la presenza d'un oggetto sensibile, l'intiero complesso delle lettere componenti la sua nominante, e il confronto di questa con l'oggetto medesimo esistente in natura. Dunque il Ponce dimostra col fatto 1. che onde fare acquistare a' sordomuti l'idea de' differenti oggetti sensibili, convien sottoporli alla immediata loro ispezione, affinchè conosciutane prima la figura e la qualità, passino poi a comprendere i segni scritti, che a quegli oggetti materiali corrispondono. 2.° che caratteri astratti e privi d'un determinato valore, nulla dicono allo intendimento de' sordo-muti. 3°. finalmente che le forme de' corpi sono di base e di fondamento alla novella loro educazione. Ma dopo questi primi passi, come avrà egli potuto mantenersi in comunicazione co' suoi allievi senza il soccorso del linguaggio d'azione? e se vuolsi negar ciò, con qual' altro mezzo avrà egli supplito per conversar seco loro, per dirigerli, per procedere a fare ad essi percepire l'idea de' segni scritti e da loro pronunciati, non corrispondenti però ad oggetti materiali e

sensibili? (19) Non è forse vero che la natura ci ha dato non meno le altre membra del corpo che la lingua medesima per esternare le nostre volontà e palesare i nostri desideri? (20) Che i gesti, i muovimenti del viso uniti agli accenti inarticolati furono i primi mezzi de' quali si servissero gli uomini per comunicarsi scambievolmente i loro pensieri? Poteva inoltre avergli suggerito l'idea d'instituire un tal mezzo di comunicazione quel passo di Plinio (21) ove dice: « che nell' intima parte d'oriente alcuni popoli si servivano de' gesti invece delle parole »; o l'aver letto anche in Pietro Martire d'Anghiera (22) che gli abitatori della Ispagniola (isola s. Domingo) con gli spagnuoli che vi approdarono, nel chieder loro la pace, in luogo di parole adoperarono i segni, conoscendo senza dubbio che il proprio linguaggio non sarebbe inteso da que'non provocati aggressori. E prescindendo da tutto questo che in senso semplicemente ipotetico esponiamo, siccome è cosa pur troppo naturale che abbiano i sordo-muti mostrato al Ponce con quai segni rappresentar volesse

(19) I gesti sono segni rappresentativi del senso delle parole; certi metodi ingegnosi che sogliono chiamarsi processi, costituiscono la parte metafisica della istruzione.

(20) Giovanni Bonifazio giureconsulto pubblicò nel 1616 l'arte de' cenni divisa in due parti. Quantunque non possa dirsi che quest'opera sia diretta allo scopo d'istruire i sordo-muti, pure comparisce assai graziosa e piena d'ingegno.

(21) Quibusdam pro sermone nutus motusque membrorum est. Hist. nat. 1. 6. c. 3o.

(22) Pacem orant, quantem per signa et nutus colligere possunt. Neque enim verbum ullum nostri se intellixisse fatentur. In pacis optatae signum nostros egregiis muneribus donarunt. De rebus oceanicis ec. L. 7. p. 187.

Pietro Martire d'Anghiera nacque ad Arona sul lago Maggiore nel 1455, passò a Roma ove si trattenne per molto tempo, e di là in Ispagna, ove dimorò la maggior parte della sua vita; e dopo aver fatto il militare abbracciò lo stato ecclesiastico. Mori a Granata nel 1526.

T. XII. Ottobre

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ro quegli oggetti i quali cadevano sotto il loro sguardo, così egli da quel gran filosofo che era, (siccome ce lo fanno conoscere i felici resultamenti della sua scuola ) non poteva dall'altro canto omettere di fare le necessarie osservazioni, e sulla scambievole loro conversazione, e sul modo di manifestare i loro affetti, desideri e bisogni, e giungere benissimo in tal guisa a formarsi appoco appoco un linguaggio d'azione, onde sesvirsene per giudarli alla intelligenza di quanto non cadeva sotto i sensi della vista e del tatto, ed alla percezione delle idee le più astratte e metafisiche. Finalmente, se circa trentasei anni dopo, dall'altro spagnuolo Gian Paolo Bonet la necessità di questo linguaggio onde istruire i sordo-muti fu conosciuta, se ne hanno fatto uso dopo il risorgimento di quest'arte tutti gli altri posteriori maestri, i quali si occuparono della rigenerazione di questi esseri sventurati, non crediamo che si possa negare un tal mezzo di comunicazione al Ponce, sebbene il primo di cui si possa fondatamente asserire che inventasse l'arte di far parlare i sordo-muti, e che conducesse i suoi allievi a quell' alto grado d' istruzione intellettuale che abbiamo poco innanzi veduto.

Quantunque fosse il Ponce celebrato come un portentoso ingegno dagli eruditi e connazionali e stranieri (23) per la sua maravigliosa scoperta; quantunque il suo nome fosse di grata e preziosa memoria a' genitori tutti d'ogni classe e d'ogni ceto, ciò nonostante, per quanto apparisce dal generale silenzio, quell'arte stessa, cui aveva egli medesimo data la vita, e che per sua industria e fatica avea veduto crescere adulta, rimase dopo la sua morte infruttuosa e negletta sino a' tempi di Gian Paolo Bonet segretario del Contestabile di Castiglia. Ei pubblicò in Madrid nel 1620 il suo metodo per insegnare a parlare, ed istruire i sordi-muti dalla nascita, dedicando alla Maestà di don

(23) V. Fra. Ant. Perez.

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