Page images
PDF
EPUB

Signori,

Negli anni scorsi ho avuto per costume inaugurare le mie lezioni con alcuni cenni sull' obbietto degli studi concernenti il Diritto penale e sul metodo che avrei tenuto nella mia esposizione, anteponendo in tal guisa una prelezione scevra di solenne apparato ad ampia dissertazione che pigli ad esame una parte della scienza, e che, se giova a mostrare il patrimonio di cognizioni del professore, non torna proficua ai discenti, i quali stranieri per ancora alla scienza che imprendono a studiare, non possono nulla intendere delle dottrine di cui sentono la lettura. Non crediate che quest' anno io voglia allontanarmi da siffatto pensiero sol perchè io venga innanzi a voi con una prolusione scritta. Io non mi propongo svolgere un qualche problema appartenente al contenuto della scienza del Diritto penale. Ma invece stimo opportuna cosa leggervi alquante considerazioni intorno al presupposto necessario di questa scienza, senza il quale è inutile sforzo lo studio che imprendiamo. Da qualche anno in qua va di continuo attorno certa manie. ra di vedere che assume di essere una critica scientifica delle instituzioni appartenenti al Diritto penale, e che attinge le sue inspirazioni nel materialismo, il quale minaccia d'invadere il dominio contemporaneo delle scienze morali e sociali. Questa

(1) Prolusione al Corso di Diritto Penale letta nella R. Università di Napoli il 20 Dicembre 1875.

maniera di vedere impugna dalle sue radici la legittimità della scienza che prendiamo a studiare. E per vero noi ci occuperemo di studiare, pe' bisogni della vita pratica, epperò tenendo innanzi il volume delle nostre leggi, ma col lume dell'indagine scientifica, in che consista quel male che travaglia le società umane e che dicesi delitto, e quale la via onde le società umane vi contrappongono quel rimedio che dicesi punizione dei delinquenti. Ebbene, se questo fatto sociale della incriminazione e della punizione di certi atti ha nella storia e nella coscienza individuale il presupposto della responsabilità dell' uomo, se questa responsabilità consiste appunto in ciò che la coscienza dei singoli uomini e la coscienza generale dell' Umanità riconoscono il delitto come un fatto di cui l'uomo è libera cagione, per farne ricader sopra lui le rigorose conseguenze, sotto la forma della pena, non può dirsi esente da dubitazione la serietà della nostra indagine sugli instituti penali, se si andrà sempre più diffondendo il pronunciato che l'uomo vive in una illusione quando si considera come dotato di arbitrio libero, sicchè il così detto delitto in cambio di essere un atto del libero volere è una infelicitas fati, la cui apparizione si rannoda a svariate cause esteriori che operano nell'uomo e sull' uomo come sovra un qualsivoglia istrumento opera l'artefice che trasforma i prodotti della Natura, e senza che l'uomo possa opporvi una efficace resistenza.

Io intendo perciò nel presente scritto difendere la legittimità degli studi che imprendiamo, chiedendo al sapere filosofico dell' età nostra una risposta questa che può dirsi, per giovarmi del linguaggio giuridico, una questione pregiudiciale a tutto quanto il Diritto penale.

La negazione del libero arbitrio, che oggi corre come merce nuova, è antica più che non si pensi. Una prima forma di determinismo fu la concezione antica del fato come superiore agli uomini ed agli Iddii medesimi, la quale facea della libertà del volere e dell'operare umano quello che è l'attore scenico innanzi al drammaturgo per l'apparenza di libero movimento e favellare, in fondo alla quale preesiste il componimento della

mente dell' artista.

La filosofia ellenica intese a combatterla in tutto il corso delle sue speculazioni; nè potea diversamente accadere, essendo essa il più eminente momento della civiltà greca, la cui forza animatrice è lo spirito consapevole della sua libertà.

I Pitagorici, la cui dottrina rappresenta una delle prime costruzioni del mondo etico, dal punto di vista scienziale, insegnavano i dogma antropologico che lo spirito umano fosse qualche cosa cui è dato il muover sè stesso; e di qui nasceva il principio di morale che l'uomo deve nella sua vita individua rappresentare la legge stessa dell' armonia cosmica e ad essa coordinarsi, in guisa che l' uno governi il multiplo e tutte le particolarità si concentrino obbedendo alla legge universale. E così la dottrina del libero arbitrio fu schizzata nella nozione dell' uomo come essere che muove sè stesso ed è cagione dei propri atti (to eautò xivov). Vero è che nella filosofia di Socrate eran talmente identificate tra loro la scienza e la virtù che Platone ne trasse la dottrina che la malvagità non possa in altra guisa spiegarsi per l'uomo se non come l'effetto della ignoranza; d'onde l'apoftegma che nessuno pecca per libero proponimento (ovdels Exòv пovypòs) nemo sponte delinquit. E sebbene in questa sentenza siavi un significato stupendo, cioè che ove l'uomo veda con gli occhi della mente la bellezza che è propria della virtù, non è possibile che da essa si divolga, sicchè la cagione vera del male sta nella sua deficienza intellettuale, pnre una esagerata conseguenza potrebbe trarsi dalla formula socratica interpetrata letteralmente, cioè che l'uomo è impotente da sè solo e con le sue forze ad operare il bene, ad essere virtuoso; il che rende incompiuta l' Etica di Platone, come era incompiuta la sua dottrina delle forze dell' anima, inquantochè tra la mente e l'appetito sensibile (Eupeiz) Platone ravvisava si il sussistere di una potenza intermedia cui diè nome di vuós, ma che è più istinto che forza liberamente volitiva. E a questo per appunto sopperi Aristotele con la sua dottrina antropologica ed etica. L'uomo come forza libera che è cagione delle proprie determinazioni e dei propri atti, l'uomo come l'essere nella cui potestà è rimesso l'essere buono o malvagio, è concezio

ne spiccatissima di Aristotele. Così il più eminente rappresentante del pensiero greco venne a costruire filosoficamente la dottrina della libertà del volere, come elemento essenziale dell'Etica. La destinazione dell' uomo si formulò come la vita liberamente diritta nell' operare secondo ragione; e la cagione efficiente dell' eudemonia fu riposta nel buono operare, nella euprassia che dipende dall'arbitrio libero dell'uomo. Onde dal concetto della libertà fu poi facile il transito a quell'alto concetto del dovere (tó xalñxov) che fu il nucleo della dottrina morale degli Stoici.

Una seconda forma di determinismo surse con la filosofia de' Padri della Chiesa quando soprattutto con S. Agostino la nozione della libertà dell' arbitrio venne offuscata dalle dottrine della grazia e della predestinazione. Ma i Pelagiani si opposero vigorosamente a queste concezioni del Vescovo d' Ippona. Ed in generale nella filosofia scolastica l' influenza dell' aristotelismo giovò a combattere ad oltranza il determinismo. Già il grande pensatore del medio evo, Anselmo di Aosta, fermò la duplice dottrina dell' arbitrio libero e della libertà, dichiarando che l'arbitrio umano è libero in quanto è il potere di operare il bene ed il male, ma che la vera libertà è quella di Dio che non può commettere il male, e l'uomo raggiunge la libertà vera quando vuole quel che è suo debito e lo vuole non per altra ragione che per la santità stessa del dovere, velle scilicet quod debet, ac ideo quia debet. (1) Più spiccatamente Abelardo (2) fermò nella sua Etica il concetto aristotelico che il bene ed il male non dipendono da altro che dal volere. Secondo Duns Scoto la volontà umana è libera cagione che determina sè stessa, e se l'intelletto può avere influenza in essa e nelle sue determinazioni, pure essa non è legata allo intelletto, e può anche volere ed operare contro i suoi dettati (3). E Tommaso d' Aquino, che vinse tutti i suoi predecessori, mentre per l'efficacia della credenza cristiana fermò che (1) De veritate, c. 12.

(2) Ethica, c. 11, 12, 13.

(3) Quaest. in libr. sent. dist. 25 qu. un. utrum aliquod aliud a voluntate causet effective actum volendo in voluntate.

la beatitudine come supremo scopo della vita consiste in qualche cosa che trascende l'operare il bene, cioè nell' intuizione dell'essere divino, ligio alle dottrine aristoteliche, avvisò come mezzo a raggiungere questo scopo supremo il diritto operare, e svolse con mano maestra la dottrina del libero arbitrio. Proprio dell' uomo egli disse l'operare in vista di uno scopo. Gli esseri razionali muovon sè stessi verso il loro fine perchè reggono le loro azioni mercè il libero volere (1).

Oltre al determinismo proveniente dalla dottrina teologica della predestinazione la storia della filosofia ci porge nell' età moderna una terza forma di determinismo. Benedetto Spinoza per la sua concezione dell' unità ed identità assoluta della sostanza disse così:

In mente nulla est absoluta sive libera voluntas sed mens ad hoc vel illud volendum determinatur a causa quae etiam ab alia determinata est, et haec iterum ab alia et sic in infinitum (Eth. pr. 48, p. 2.)-In mente nulla datur volitio, sive affirmatio el negatio praeter illam quam idea, quatenus est idea, involvit. (Pr. 49 p. 2.). Mentis decreta nihil sunt praeter ipsos appetitus. (In schol. ad pr. 3.)-Id unusquisque ex legibus suae naturae necessario appetit vel adaersatur quod bonum vel malum esse judicat (Pr. 19 p. 4).

Ma un'ultima negazione della libertà del volere è surta per altra via nel Secolo XIX. Già la scuola frenologica aveva fatto il suo conato di desumere dalle condizioni del cerebro le condizioni del pensiero e del volere. La localizzazione degli istinti, delle tendenze e dei sentimenti umani era stata portata oltre, sperandosi che sotto il coltello anatomico si rivelassero le latebre più recondite dello spirito umano. E più che i frenologi, con assalti vigorosi procedettero i fisiologi e per costoro tutta la psicologia non divenne altro che un capitolo della fisiologia, riducendosi il pensiero ad una secrezione del cervello. Ma quella che più accanitamente avversa la convinzione della libertà del volere è la filosofia del positivismo. La quale mira a fondare una così detta psicologia sperimentale o fisiologi

(1) Summa theolog. Pars I, quaest. art. 2, 3.

« PreviousContinue »