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§ II.

A fermare nei suoi veri confini e nelle più giuste proporzioni la battaglia di Legnano, il Bertolini si è abilmente stretto allo studio delle Carte relative ai negoziati di Montebello. Noi, avendo in animo di ricercare e determinare il valore, non della sola battaglia legnanense, ma di tutto il periodo della Lega, e del Comune in genere lombardo o non lombardo, noi pensiamo di battere ben altra via.

Il Comune (e parlo qui di quella sola forma di civil reggimento che si venne generalizzando in Europa dal XI ai secoli XIII e XIV.), quel Comune non è una repubblica. come l'ateniese dei tempi di Demostene o di Trasibulo o di Pericle, e neppure dei di di Clistene. Non è il Municipio romano, dal quale attinge per altro una tradizione. Non può essere una repubblica o una confederazione secondo un concetto più moderno; e molto meno una Comune demagogica. Ma quel Comune è una rivoluzione di tutti gli ordini del feudalismo, di quegli ordini, che ai di di Carlo Magno erano stati i più acconci, ed i più civili ma che dopo il periodo degl'imperatori sassoni divennero, nonchè insufficienti, nocivi a mille nuovi bisogni delle società. Quella rivoluzione in un periodo di due in tre secoli riformò, limitò e modificò variamente gl' istituti della monarchia feudale. Ma quando li ebbe del tutto esauriti, essa si accorse per la prima volta di aver gittate le fondamenta di una nuova monarchia; monarchia che trascendeva il medioevo, ed accennava a tempi di general rinnovamento. Il Comune dunque è qualcosa che non esce dai confini del feudalismo, ma è come un feudalismo più civile, che ricaccia l'altro più barbaro, ma che a suo tempo sarà ricacciato da nuovi principati e da nuove signorie. Esso è una forma tutta propria delle società del medioevo, ed è l'ultima e la più civile delle forme dello stato feudale o dello stato dell' età mezzana. E fu forma comune a tutt'i paesi di quel grande feudalismo, perchè ella

trasse il suo nascimento da nuovi bisogni generali, o dico meglio, da un novello sviluppo della psiche sociale: e la storial umana è essa stessa il cammino e lo svolgimento necessario degli umani consorzii.

Tutte le memorie dell'Europa feudale sono concordi a dimostrare una pressochè identica formazione dei Comuni, nati dove più presto e dove più tardi, e conservati in un luogo con una più viva e più tenace coscienza, ed altrove con spiriti più umili e più neghittosi. La città ch'è dal monarca levata contro la baldanza del feudatario e che dipoi, aggrandita, resiste al principe, ormai ripentito delle concessioni fatte; quella città è il Comune, si l'italiano come il francese, l'inglese come l'alemanno. Le Carte del tempo attestano maravigliosamente un tale cammino; e posso affermare che il breve schizzo che dà al proposito il Robertson in quel Prospetto ch'egli messe avanti alla sua storia del Regno di Carlo V. è il compendio più fedele di tutte le relazioni di Cronache e di Annali e di Antichità. Nella nostra patria furono i principi della dinastia sassone quelli che elevarono la prima volta le Comunità. Essi i primi studiarono tutt' i modi e si sforzarono in mille guise di reprimere la baldanza dei minacciosi feudatarii, e cominciarono a scindere dal feudo del possente Conte l'umile città, cui dierono i primi privilegi e le prime franchigie. La città, scissa dal gau comitale, assunse un non so che di divino che dovette ritrarre dal tempo, e fu il Corpo santo, rappresentato dal Vescovo, altro grande ma che non erasi ancora levato tanto, da gareggiare col Conte. Innumerevoli divennero allora gli acquisti della città come Corpo santo. Dalle pure franchigie andò oltre alle. immunità, e dalle immunità alle esenzioni. Tutte concessioni, le quali accennavan già a volersi convertire in buone consuetudini, ma erano ancor lontane dal divenire diritti certi e incontestati ed il diritto il quale va alla pari con la coscienza, spunta la prima volta sotto la forma di concessione che venga dal di fuori. Perdurava ancora il periodo degli Ottoni, e quelle concessioni si erano così bene affermate buone consuetudini, che le Città fin d'allora cominciarono a levare il capo ed a meditare consigli di liber

tà (1), libertà che pareva volesse nutrirsi e svilupparsi senza tumulti o strepito di arme (2). Ai Sassoni tenner dietro i Salici,' ed ai dì dei Salici le città nostre eran tutte in via di smettere quella tinta barbara di divino annessa al Corpo Santo, e di assumerne un'altra più umana o più civile che suona lo stesso. Sicchè quando il Vescovo per una novella serie di usurpazioni ebbe raggiunta l'altezza del Conte, e forse sorpassatala, fu allora che gli si levarono contro i piccoli vassalli (3). Ed il movimento si accelerò tanto, che non si tosto che le buone consuetudini nella coscienza pubblica si furon fatte diritti, l'istesso Vescovo, ormai barbaro al pari del Conte, fu cacciato di città; e quando chiese di rientrarvi, fu obbligato, lui cosi orgoglioso e tracotante, ad assoggettarsi allo statuto ed ai rimutati ordinamenti. Il Comune per tal fatta si fu molto aggrandito e rafforzato. Le prime guerre per le Investiture, le Crociate, e qualche altro fatto di pari momento ne facilitarono in mille modi il progredire; e correndo ancora il secolo duodecimo, per Carte e per Diplomi or comperati ed ora estorti, le nostre città poteron conquistare le più importanti Regalie e quella grande libertà (4),

(1) Profecto diuturnum hujusmodi Interregnum, atque Ottonis III. tamdem ad Regnum assumti imbecillis aetas, ejus non brevis absentia ab Italico coelo, in causa mihi fuisse videntur, cur Civitates aliquae in Italia tum caeperint attollere caput, ac meditari consilia Libertatis... Murat. Antiq. Ital. Vol. X. Diss. 45.

(2)... neque enim Civitates repentina seditione, sed moderato gradu eo devenere, ut . . . . Ibid. loc. cit.

....

(3) La Costituzione di Conrado II. il Salico (Edictum de Beneficiis), data sotto le mura di Milano, in obsidione Mediolani, il 28 mag 1037 quando gl' imperiali assediavano l'arcivescovo Ariberto.

(4) ... Rursus idem norit, plerasque ex hisce Urbibus Saeculo XII. Reipubblicae formam ac regimen assumsisse, foedera iniisse, bella gessisse, uno verbo cetera peregisse, quae ad liberas, suique juris Urbes pertinent. Tanta rerum metamorphosis, ex qua attenuata non parum fuit Regia, sive Imperialis auctoritas, unde originem duxerit, quove tempore coeperit, si quisquam sciscitetur, obscuram quidem rem sed rem magni momenti, immo maximi ad Historiam Italicam,

che presto fu sanzionata dalla pace di Costanza (1). Non del tutto disforme dal cammino dei nostri Comuni fu il cammino degli altri Comuni dell' Europa. I quali ebbero di certo un cominciamento più tardo ed uno svilupparsi assai più lento, e diciam pure che non raggiunsero mai la italiana grandezza: ma lo spirito che li nutrisce è identico, ed una è l'idea che anima le città lombarde, e le francesi, e le fiamminghe, e le altre tutte. In sui primordii del XII secolo i re francesi, ad ovviare la tirannia, le incursioni, ed i saccheggi e le prede dei grandi feudatarii, novelli Proci, se la diedero con i Vescovi e città (2), contro le quali i Proci erano in arme, pentiti di

con le

ideoque minime negligendam, poscat . . . . . Murat. Antiq. Ital. X. Diss. 45.

(1) Uti ex Pace anno 1183. Constantiae stabilita liquet, Civitatibus ac Principibus Italicis, sub Societatis Langobardicae nomine venientibus, Reipublicae forma, Libertas, et Regalia omnia a Friderico I. Augusto, ejusque filio Herico VI. Rege, disertissimis verbis confirmata fuere. Suos Magistratus sibi deligere, Leges condere, Civitates et Castra munire, Foedera percutere, Bella indicere, Tributa colligere, aliaque hujusmodi munia Regalis potestatis, libera iis relinquuntur. Uno verbo, jura principatus (Romanorum tamen Imperatoribus obnoxii et subjecti) sublatis inde prorsus Caesareis Magistratibus, unicuique Urbi liberalissime conferuntur. Nam quamvis liberae Civitates in eadem Constantiensi Pace obstrictae fuerint ad Consules eligendos cum consensu Imperatoris, aut illius Nuntiorum hoc tamen onere post breve tempus solutae, integra inde Libertate Consules suos, aut Praetorem, deligere et renuntia reperrexerunt. De censu aliquo singulis annis Caesari persolvendo ne unum quidem verbum in tabulis illius Pacis occurrit. . . . Ibid. Dis. 50.

....

(2) Ludovicus in primis (Verba sunt Orderici Vitalis, lib. 2.) ad comprimendam ejusmodi tyrannidem praedonum et seditiosorum, auxilium totam per Galliam deposcere coactus est Episcoporum

Hinc crebro legimus in proeliis adfuisse et dimicasse Urbium Com. munias, quibus praevii erant ipsi Presbyteri seu Curiones cum vexillis Ecclesiae. . . . - Du Cange, Commune.

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A causa delle continue guerre dei signori Luigi VI. il Grosso.. . pensa à mettre ses sujets, en état de se défendre par eux-mêmes

mille concessioni che avevano loro estorte le classi dei borghesi (1). I successori di Luigi VI. moltiplicarono grandemente le Carte delle libertà (2), mentre che la forza prepotente di certi grandi eventi costringeva i feudatari a fare il somigliante. Quelle carte, per le rimutate condizioni civili e materiali e per gli avvivati spiriti della società, si accrebbero a dismisura; e furonvi città che si affrancarono prima ancora che venisse fuori la Carta del signore (3), le cui concessioni volevan procedere a gran rilento, mentre che le necessità presenti incalzavano senza posa, ed altre necessità si mostravano imminenti. Nè andò gran tempo che i borghesi i quali un dì a stento avevan potuto pretendere di coltivar le terre e di purgar le vie (4), non andò gran tempo che si strinsero insieme contro i Vescovi (5), fatti ora essi Proci; e dopo una non interrotta serie di conquiste poteron vedere le proprie comunità negli Stati Generali.

Somiglianti o pressochè somiglianti progressi ebbero le Città fiamminghe dipendenti dai propri Conti e sotto l'alto

contre cette tyrannie (des seigneurs). Quale che ne sia stata la causa,.... il rendit son joug plus léger, et leur vendit comme des privilèges, des droits que la nature donne à tous les hommes; c'est ce qu'on appelle le droit de commune ou de communauté. A son exemple, les seigneurs, toujours accablés de besoins, et ravis de trouver une ressource qui retablissoit leurs sujets la liberté qu'ils leur avoient ôtée. Mably, Ouv. liv. III, chap. 7.

(1)...ils (les seigneurs) se repentirent de l'avoir (la liberté) vendue à trop bon marché.-Mably, 1. 3, c. 7.

(2) Communiarum a Regibus nostris concessarum non pauca prostant instrumenta, praesertim in Regesto Philippi Aug. Herouvalliano, et in aliis veteribus Codicibus, quae ipsi perlegimus: sed multo plura a variis Principibus etc. Du Cange loc. cit.

(3)... mais il est sûr du-moins que plusiers n'attendirent pas une charte de leur seigneur pour se former en commune.-Mobly loc. cit. (4) Favoriser la culture des terres, proteger la liberté des chemins, et les purger des douanes et des brigands qui les infestoient, c'etoit l'unique objet de leur (des bourgeois) politique - Ibid.

(5) Bréquigny

Recherches sur les communes, Pref. al XI vol. delle Ordinanze regie.

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