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Rammento aver di questa fola letto anche altre lezioni, che prei indicare ora preciso. Voglio cogliere questa occasione per deplorare che i Francesi non si curino di darci una edizione critica del loro Montaigne, che non si limiti ad indicare gli autori, da'quali cita frasi e versi; ma c'indichi anche d'onde presumibilmente Michele Eyquem ha tolti gli aneddoti, che racconta. Qui per esempio, gli è evidente, chè non ha copiato direttamente nè dal Guicciardini, nè dal Domenichi. Nè dal Domenichi mi pare che egli trascrivesse un altro racconto, che ha comune con lui. Essais (Livre I, cap. II). «En la guerre que le Roy Ferdinand mena contre la veufve « du Roy Jean de Hongrie, autour de Bude, un gendarme feut particu<< lierement remarquè de chascun pour aveoir excessifvement bien faict de « sa personne en certaine meslee, et, incogneu, haultement loué et plainct, y estant demouré, mais de nul tant que de Raïsciac, seigneur allemand,

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esprins d'une si rare vertu. Le corps estant rapporté, cettuy-cy, d'une commune curiosité, s'approcha pour voir qui c'estoit; et, les armes

¤ ostées au trespassé, il recogneut son fils. Cela augmenta la passion aux < assistants: lui seul, sans rien dire, sans ciller les yeulx, se teint debout, contemplant fixement le corps de son fils: iusques à ce que la vehemence de la tristesse, ayant accablé ses esprits vitaux, le porta roide mort par terre. »-Variante della edizione del M. DCCC. II. En la guerre que le Roy Ferdinand mena contre la veufve du Roy Jean de Hongrie, autour de Bude, Raisciac, capitaine allemand, veoyant < rapporter le corps d'un homme de cheval à qui chascun avoit veu excessifvement bien faire en la meslee, le plaignoit d'une plaincte commune: mais, curieux avecques les aultres de cognoistre qui il estoit, aprez qu'on l'eut desarmé, trouva que c'estoit son fils; et, parmi les larmes publiques, lui seul se teint, sans espandre ny voix ny pleurs, debout sur ses pieds, les yeux immobiles; le regardant fixement, iusques à ce que l'effort de la tristesse, venant à glacer ses esprits vitaux, le porta en cet estat roide mort par terre ». DOMENICHI (Historia Varia, lib. XII). Raisciaco di Svezia. «Aveva mandato il Re dei Romani l'esercito suo all'assedio di Buda, dov'erano in presidio soldati turchi, uomini valenti in guerra; et quivi si facevano ogni di grosse scaramucce fra l'una et l'altra parte. Era fra i tedeschi un valoroso capitano, chiamato Raisciaco di Svevia, il cui figliuolo, giovanetto animoso, essendo entrato in battaglia, che il padre non ne sapeva nulla, et combattendo valorosamente alla presenza del padre, il quale era fra gli altri a vederlo, et maravigliandosi della virtù di lui, era da tutti, ancora che non lo conoscessero, molto lodato. Prima, che si sbrigasse, fu ammazzato ‹ dai nemici, che l'avevano tolto in mezzo. Allora Raisciaco, mosso a gran compassione di quel povero cavaliere, et non sapendo nulla della sua sorte, rivolto agli altri capitani: A me pare, disse, degno di lode quel ralentissimo cavaliero, et sia chi si voglia; et ch' egli meritò di publicamente sepolto a grande onore. Perchè, essendo con

a essere

egual pietà da tutti approvato il suo parere, fu portato il corpo dell'infelice figliuolo all' infelicissimo padre; onde più vere lagrime vennero allora agli occhi d'ognuno; ma tanto dolore subito entrò nel cuor del a padre, che, senza far motto, s'accorò e cadde morto ».

(2) E questa una facezia volgarmente attribuita al mitologico Bertoldo, intorno al quale sarebbe da consultare l'opera del Wesselofsky su I racconti slavi di Salamone Centauro e le leggende Europee intorno a Morolfo e Merlino. Pietroburgo, MDCCCLXXII, chi sapesse il Russo. A questo aneddoto allude un sonetto di Girolamo Gigli:

GIORNALE NAPOLETANO, VOL. III.

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Perchè gli antichi ponessero un crivello nel letto degli sposi.

Se il libro di Bertoldo il ver narrò,
Cosi disse a Bertoldo un giorno il Re:
Fa, che doman ritorni avanti a me

E che insieme io ti veda e insieme no».

Bertoldo, il dì d'appresso, al Re tornò,
Portando un gran crivello avanti a sè;
Così vedere e non veder si fè,
E con la pelle altrui la sua salvò.

Or la risposta mia cavo di qui,
Pel crivel, che la saggia antichità
Nel letto marital poneva un dì.

Con bella moglie alcun pace non ha,
Se davanti un crivel non tien cosi,
Onde veda e non veda quel che fa.

Per cominciare questa breve rassegna ho spezzato più penne che quando ero costretto a scrivere versi latini. Tenevo innanzi molti volumi, i più recenti, Novelle, Romanzi, Poesie, Saggi; credevo che leggerli fosse tutto, se non che all'ultimo mi trovavo senza criterii, cogli occhi fissi sulle covertine, con la penna in aria e in corpo la paura che il critico avesse a far ridere artista e pubblico. Per avere una bussola ho tentato scrivere sull' altrui falsariga e tradurre, come è solito, in nuova edizione quello che altre rassegne dalla Nuova Antologia al Fanfulla avessero detto di quei libri. Ed era peggio; vedevo una primavera letteraria senza che sentissi pur l'olezzo di un fiore, e la stessa corona di alloro passare con indifferenza da questo a quello, con qualche foglia del Dickens o del Dumas figlio, se romanziere; dello Heine o del Leopardi, se poeta, ora dalla stessa Rivista, dallo stesso scrittore giudicati vuoti d'ingegno, nuovi Gobatti, che ieri erano geni. Sicchè per trovare un punto di partenza mi aggrappavo a parecchi repertori critici per distillare un po' di scienza nelle mie evanescenti impressioni. C'era da empir colonne di giaculatorie sul realismo, sul vero nell' arte, sulle nuove idealità, su' rapporti delle scienze naturali con la letteratura e assumevo la posa; la scrivania mi pareva cattedra e pensavo a nuovi Ienner nella critica. Ma era spolvero la biblioteca, roba da scolaro; d'altra parte sapevo che oggi gli autori chiedono al critico il passaporto di artista, e se non hai creato anche tu le tue novelle e i tuoi drammi o i tuoi poemi, il romanziere il drammaturgo il poeta ti faranno una risata olimpica sul muso. Guai

:

a chi non abbia strappato ancora una lagrima a qualche amabile leggitrice, nè invocato una grazia nè imprecato a una Parca, o a chi non abbia sul palcoscenico agitato qualche umano o divino problema. La critica se la debbono fare gli autori, essi che sanno i dolori delle loro gestazioni, o gli editori che barattano fama per danaro. Cosi nascono gli articoli laudativi prima che il libro si legga, come una volta dovetti assistere a una discussione sul numero delle chiamate al proscenio per una Commedia nuova da rappresentare. Cosi nasce quel. la gran confusione di giudizii che ha sconvolto il senso letterario in Italia il pubblico chiuso il libro dimentica il nome dell' autore e l'autore contento che il suo libro sia stato assicurato e raccomandato da' giornali si calca sulla testa il cappello d'artista. Così, anche volendo stare al Martirilogio, il santo di questo anno non si trova più nel calendario letterario del nuovo, e se levate la voce, deridono il vostro ateismo di fronte a tanta ricchezza artistica esposta nelle vetrine de'librai. Sicchè, a dir breve, confesso che a fare una rassegna letteraria sento incerta la mano, perchè credo che dovesse essere qualche cosa di più che una serie illustrata di nomi da cancellarsi domani, e che invece dovesse intendere all'alto uffizio di dar posto a' libri e preparare gli elementi alla storia letteraria. Però parlo di poche opere, secondo l'importanza relativa che possono avere rispetto ad alcuni criterii e questioni di critica e d'arte.

Passione maledetta: è il titolo di un romanzo del Tronconi, che ha fatto fortuna, ossia che è stato letto e ammirato molto dalle ragazze in disponibilità e dai vecchi amanti in convalescenza. Il racconto si svolge tra poche persone e questo sarebbe un merito, specialmente oggi in Italia, dove la società ha subito da poco profonde trasformazioni, sicchè l'artista ha bisogno di tener dietro allo sviluppo di tante nuove passioni e caratteri. Chi narra non è l'autore, è Cleonte in sua casa dove convengono Alcesti, Duranti, Massimiliani, Cleandri, per

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