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DEL SECOLO XVII.

PARTE PRIMA

(Il Viaggio del Pellegrino di GIOVANNI BUNYAN)

Quand'ebbi letto il Viaggio del Pellegrino di Giovanni Bunyan, compresi i grandi elogi che ne fanno i critici inglesi, e come quello possa essere in Inghilterra il libro più popolare dopo la Bibbia. Poi, per goderlo anche meglio, volli studiare quella vita puritana ond' esso è un rampollo; e lo studio mi fu cagione di grande diletto, perchè il Puritanismo è storia di caratteri e fatti egregi, che fanno esultare chiunque senta il bisogno di trovare quante più tracce di virtù è possibile nella storia come nella vita. Naturalmente il poema di Bunyan mi tirò anche a quello di Milton, al quale è quasi come un gemello. E di entrambi ora intendo dire qualche cosa. Conosco ciò che ne hanno scritto Macaulay, Taine, Craik ed altri; ma nondimeno parmi ci sia ancora da spigolare; e che si possa fare ancora un po' di critica intorno alle qualità particolari de' due poemi, e segnatamente intorno al Satana, ch'è il famoso protagonista di uno di essi. E confido che per il molto studio che ci ho fatto, io possa evitare in qualche modo il difetto, sì frequente in coloro che scrivono per la stampa, di dare in buona fede, come spuntate pur allora dal proprio cervello, idee già uscite al mondo prima che ci fossero nati essi stessi.

GIORNALE NAPOLETANO, VOL. III.

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I.

Bunyan e Milton vissero ai tempi più gloriosi del Puritanismo, anzi la vita del primo (nato nel 1628 e morto nel 1688) si estende appunto tra quei due grandi avvenimenti, che sono la Petizione di Dritto e la Dichiarazione di Dritto, e che formano come il principio effettivo e la fine dell' epopea meravigliosa rappresentata da' Puritani; la quale s' intende bene, dove si dia prima un'occhiata ai fatti un po' più remoti. Ed eccoli. Due grandi correnti di nuove idee agitavano l'Inghilterra nel principio del secolo XVI. La prima, chiamata della « Nuova Dottrina », procedeva da quel rinascimento che, iniziato in Italia due secoli innanzi, s' era cominciato a propagare colà verso la seconda metà del secolo XV. Eminenti uomini inglesi, educati nel Continente e specialmente nella patria nostra, aveano portato nel loro paese quella dottrina dell'antichità. e quell'ardore de'grandi modelli classici, ch'erano stati tanta parte della nostra civiltà nuova. Ma se in Italia il classicismo avea finito con l'impaganire la letteratura e l'arte, e in gran parte anche la coscienza, in Inghilterra, come in Germania, rifece il senso critico più che l'artistico, e, da principio, non che diminuire la fede religiosa, infuse negli animi il bisogno di ricrearla, sceverandola de'molti errori, onde la superstizione e l'ignoranza de' secoli passati l'aveano guasta. Presso gl'Inglesi, in ispecie, quel bisogno di rinnovare si estendeva a tutte le parti della vita contemporanea, alle leggi, ai costumi e sopra tutto all'educazione e alle scuole. Colet si adoprava a elevare le menti e ad affinare i cuori mercè la fondazione di scuole classiche, sulle cui porte innalzava l'immagine di Cristo; e con ciò il grande grecista volea significare il connubio della antica sapienza con la dottrina cristiana, della civiltà e della bellezza con la verità immortale. Erasmo sentiva principalmente la necessità di ricostruire la persona di Cristo, e di ripresentarla al mondo come un ideale in cui specchiarsi e rifarsi le corrotte generazioni umane. Il loro Cristianesimo,

con pochi dommi e senza chiesa, era una profonda filantropia, che si facea bella della coltura classica, e propugnava riforme principalmente civili. Ma nessuno caldeggiò tante riforme in tutti gli ordini della vita, quanto Tommaso More, che nella sua Utopia mostrò di comprendere mirabilmente tutti i bisogni della vita nuova, e indovinò tanta parte di quei rimedi, che poi mano mano doveano essere recati ad atto ne' tempi posteriori.

La seconda corrente d'idee, a cui abbiamo accennato procedeva dalla Riforma e trovava i tempi più maturi che non due secoli innanzi, quando Wiclif, « la stella della Riforma, avea invano tentato di scuotere il giogo di Roma e rinnovare il Cristianesimo. Sebbene con maggiori difficoltà che in Germania, il movimento riformatore si andava ora propagando nel popolo inglese; e le difficoltà procedevano principalmente dagli uomini più eminenti della Nuova Dottrina ». Parrebbe che gl'iniziatori de' due movimenti avessero dovuto intendersi, e considerarsi come consorti nella grande opera di svecchiare il mondo; eppure i riformatori inglesi e Lutero si combattevano aspramente; e agli uni pareano non più che astrazioni teologiche e infeconde le riforme del monaco tedesco, ed a costui dovette parere eresia, peggiore che la sua non paresse a' papi di Roma, quella libertà di esame, quell' amore immenso dell'antica sapienza, ch'era il carattere più particolare. degli umanisti inglesi. Egli, negando alla ragione umana guasta dal peccato originale, la capacità di trovare da sè il vero, sostituiva ai dommi antichi un sistema di dottrine non meno indiscutibili; dove Erasmo e Colet e sopra tutti More presentivano più o meno chiaramente i dritti immortali della coscienza e del pensiero. Or tutta la storia inglese di circa due secoli è appunto la varia vicenda di quelle idee nuove, classicismo, filosofia, libertà di coscienza, riforma protestante, che improntano diversamente la civiltà e la coltura nazionale, a misura ch'esse si combattono o si conciliano, o che alcune sormontano e tengono senza contrasto il campo. Al primo periodo della lotta tra la Riforma e la Nuova Dottrina ch'è quello che abbiamo accennato, suc

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cesse ben presto l'altro della concordia; perchè fin dal tempo di Enrico VIII, viventi ancora o morti da poco il riformatore tedesco e i filosofi inglesi, vennero attuate tante idee dell' uno e degli altri si fece lo Scisma e insieme si convertirono in leggi parecchi concetti della «Nuova Dottrina», tra cui alcuni con le medesime parole onde Erasmo gli avea proposti. Parve che le idee fossero più forti de' loro propugnatori, e, quasi a dispetto di essi, sentissero la loro parentela e il bisogno di confederarsi per combattere insieme una grande battaglia contro la vita antica. E di fatti, quantunque Errico VIII non avesse altro scopo che ridurre tutti i poteri nelle sue mani, e, sotto il suo ministro Cromwell, ci fosse stato finanche un periodo di terrore, così che l'ultimo effetto di quel regno parea dovesse essere la distruzione di ogni libertà; pure furono tanti i nuovi ordini introdotti nello stato e nella chiesa, che ne divenne inevitabile quella più compiuta riforma che segui immmediatamente dopo, sotto Eduardo. É vero che anche questa riforma parve insufficiente a quella parte del clero, che rigettando l'autorità della Chiesa episcopale, e professando di non seguire altre norme che le sole derivate dalla pura parola di Dio, fu poi detta perciò de' Puritani; ma non ostante questo scisma interno, il Protestantesimo vinse. sotto Eduardo, resistette contro le persecuzioni di Maria, trionfò per sempre sotto Elisabetta.

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Ora fu appunto sotto questa regina che le dottrine de' filosofi inglesi e quelle della Riforma, la scienza e il cristianesimo, la filosofia civile e il classicismo, compirono la loro fusione già cominciata, e produssero effetti meravigliosi. La nuova libertà di coscienza rendeva il pensiero inglese capace di assimilarsi tutte le forze del mondo contemporaneo, tutta la coltura antica e moderna, di lavorare ogni sorta di materiali e di spirare in ogni suo obbietto l'alito potente di una nuova vita. Ed è uno spettacolo stupendo quel regno di Elisabetta, e bello a contemplare specialmente ad un Italiano, che vi trova, tra l'altro, tanta luce della patria sua: bello il vedere un popolo nuovo vincere il più forte monarca di Europa, grandeggiare in tutte le operosità della

vita; ei sommi ingegni di questo popolo cercare tutti i campi della scienza, trarre concetti e ispirazioni dalla poesia italiana, rendere questa stessa poesia nella loro lingua nazionale, superare in alcune forme di arte le creazioni fantastiche di tutti i tempi; e poi sentirsi insoddisfatti di loro stessi e trovare angusto il mondo e travagliarsi intorno ai problemi delle cose invisibili». Così nella coltura e nell'arte più alte il pensiero inglese, dilatando sempre più gli orizzonti, riusciva infine a mettersi contro di quella fede, a cui era stato amico fino allora. Ricomincia la discordia; e quando lo scetticismo e il classicismo pareano aver vinto, ecco venir la reazione, il regno della Bibbia. Non è del nostro istituto dire le cause e le guise. Ci basti notare con l'ultimo storico inglese, Green, che non mai alcun paese mutò così profondamente, come avvenne all'Inghilterra, tra l'ultimo terzo del decimosesto e il primo del decimo-settimo secolo; nel quale intervallo disparve quel mondo di Elisabetta così ricco, così vario, cosi classico di forme e libero di pensiero, e gli subentrò il mondo rigido e uniforme del Puritanismo.

II.

Entriamoci, perchè è il mondo appunto che ci riguarda. Quella parte del clero protestante, chiamata de' Puritani e del cui scisma accennammo l'origine, era venuta sempre più crescendo di numero e di forze, tanto che al tempo di cui parliamo avea con sè la maggiore parte della nazione. Fin da quando ne fu permessa la lettura nella lingua nazionale, la Bibbia era divenuta il libro unico di tutti. Accanto ai focolari domestici, nelle officine, pe' campi non si leggeva altro che la parola di Dio; e coloro che nelle chiese la interpetravano, erano ascoltati avidamente da turbe immense. È oggi appena credibile quali effetti producesse quella parola in un popolo ancora incolto e incorrotto. Esso se ne invasò, ne trasse norme per tutti gli atti della vita. Fin le parole de' sacri libri esso fece sue; e quelle immagini, quelle sentenze ricorrevano tanto frequenti nella sua

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