Page images
PDF
EPUB

Scossa al vento la criniera
Va più sempre inferocito;
Animata è l'ombra nera

Da una pesta e da un nitrito,
Egli ha libera la groppa,
Vola vola e non galoppa.

Sbuffa ansante. Il fumo s'alza
Della febbre e del sudore;

Polve e ghiaia in alto sbalza
Sotto i piè del corridore,
Egli ha libera la groppa,
Vola vola e non galoppa.

Dal dirupo alla boscaglia
Cento leghe ha divorato;
Finalmente a una muraglia
Batte i fianchi il disperato....
Sta la morte su la groppa,
E il caval più non galoppa!...
E frattanto sulle pallide
Scarne guancie alla morente,
Che sussurra un dolce nome,
L'agil tinta ricompar;

E levata in sulla coltrice
La persona amabilmente,
Le bellissime sue chiome
Ricomincia a inanellar.
« Madre mia! si forte l'anima
Tu non sai chi mi riscosse!

Oh dell'abito più bello

Io mi voglio rivestir!

Questa notte per le tenebre,
Non so dir come ciò fosse,
Ma la pesta di Ruello

M'è sembrato di sentir.

Guarda, o madre, tra quegli alberi
Dove accenna la mia mano !...
Non ti par che un picciol punto

Si avvicini?... Osserva ancor.

Ah!... non vedi quella polvere
Che s'innalza di lontano?...
Non conosci?... È giunto! è giunto!
Madre mia.... mi fugge il cor. »
Poveretta! In giro i languidi
Occhi aperse un'altra volta;
Cercò il sole, e uscì di guerra

Nominando il suo fedel.

Poveretta! Ai casti talami
Lo aspettava.... e fu sepolta.
Oh speranze della terra!

Voi finite in un avel.

(Ibidem, vol. II, pag. 79.)

L'ultimo sogno.

Mentr' io degli astri notturno amante
Nei lumi eterni cerco la sorte,
Coll'aurea sfera sul mio quadrante
Cammina il tempo verso la Morte:
Cammina sempre nè cangia moto,
Cammina e batte nell'orïuol;
Batte la marcia verso l'Ignoto
Dal sole all'ombra dall'ombra al sol.
Marciam, soldati dell'ora breve,
Marciam chè gli astri cadendo vanno
E giù dai monti porta la neve
Il freddo vento che chiude l'anno.
Marciam, soldati, marciamo a squadre
La nostra bruna fossa a ghermir.
Dove son chiuse l'ossa del padre
Quelle dei figli debbon dormir.

Mandan le rute con le verbene
Pallida vampa, pallido fumo.
Rime funeste, rime serene,
Qui vi depongo, qui vi consumo.
Addio, di gloria stupendo nome'
Addio, soave spettro d'amor'
Sento che casca dalle mie chiome
L'ultimo lauro, l'ultimo fior!

Però, corcarmi da te diviso
Non posso, o cara, nè tu lo puoi:
Voglio inondato sentirmi il viso
Dalle tue chiome, dagli occhi tuoi
La tenue sfera non cessa un punto
Sul mio quadrante di circolar;
Corcati, o cara, chè il tempo è giunto;
Nelle tue braccia voglio sognar.

Sognar le verdi mie primavere,
Sognar le feste del mio villaggio,
L'irte mie balze, le mie riviere,
E de' tepenti miei soli il raggio:
Sognar la vita, sognar la fama,
Sognar la dolce mia libertà:
Con te la fossa, mia bella dama,
Letto di fiori mi sembrerà.

Se a noi d'intorno la neve fiocca
E tu gelata sarai dimani,

Col molle soffio della mia bocca
Scalderò il gelo delle tue mani.
Corcati, o cara; prendi il tuo loco,
Folte son l'ombre, ma non temer:
Portato ho meco lampada e foco
Perch'io ti voglio sempre veder.

Povera amica, le tue palpèbre
Come l'orrendo sonno affatica!
Come nell'ossa t'arde la febre,
Oh come tremi, povera amica!
Prendi coraggio, fatti più presso,
Dimmi che m'ami, che mia sei tu....
Gran Dio, l'ardente bacio promesso
Sulle mie labbra non sento più!

Ben sulla volta di questa fossa
Sento che il negro Salmo si canta;
Giù giù filtrate cascar su l'ossa
Sento le goccie dell'acqua santa.
Ma tu ti svegli, ma tu rinasci,
Ma tu sei bella, ma dal tuo crin
Spira un profumo come se a fasci
Bruciasse il nardo col belgiuin.

Ve' come splende sul nostro tetto
Collo smeraldo misto il zaffiro!
Che drappo d'oro ci copre il letto,
Che molle effluvio di rose in giro!
Dea circondata di tristi larve
No l'amorosa morte non è;
Sentire il cielo mai non mi parve
Come in quest'ora vicino a te.

L'organo echeggia: s'alzan gli spenti:
Portan le faci con gl'incensieri:
Candide insegne s'aprono ai venti,
Ci fan corona bimbi e guerrieri.
Mia dolce estinta, prendi l'anello,
Guarda che festa d'angioli è qui:
L'ultimo sogno dentro l'avello
È il più bel sogno dei nostri dì.

(Da Iside, ediz. Forzani, pag. 367.)

CARLO TENCA.

Di gente popolana nacque in Milano ai 19 ottobre 1816. Fin da giovane si diè al giornalismo, prima nell'Italia musicale e nel Corriere delle dame, poi cresciuto d'anni, di studj, d'autorità, nella Rivista europea, a cui cooperò dał 1841, assumendone la direzione dal '45 al '47, e procurandole molta rinomanza coi suoi articoli di critica letteraria. Partecipò ai prodromi della rivoluzione, e dopo le Cinque giornate diresse il Ventidue Marzo, giornale del Governo provvisorio, ritirandosene, perchè di principj avanzati, quando fu decretata la fusione, e scrivendo invece nell'Italia del Popolo, ove combattè per l'unità e per la costituente. Nel '49 diresse a Firenze il giornale che s'intitolava appunto dalla Costituente ita

liana. Tornò poi a Milano, e vi fondo il giornale Il Crepuscolo, che col solo suo nome, strano ma espressivo, indicava le condizioni del momento e le speranze dell'avvenire. Nel trattarvi di politica e di letteratura seppe trovare una forma, che gli permetteva di far chiaro il suo pensiero senza cadere sotto le unghie dell'autorità poliziesca e militare; superò felicemente alcune burrasche, ma essendo nel '57 venuto in Lombardia l'Imperatore d'Austria, si rifiutò, anche officiato dal governatore di Milano, di farne cenno nel giornale, che dopo di ciò venne per castigo privato della parte politica. Ebbe valenti ed animosi cooperatori, ma fu un direttore da citarsi a modello, e diede unità organica al giornale, che incontrò gran favore in Lombardia e fuori: e gli articoli che vi scrisse, specialmente di letteratura contemporanea, mostrano in lui un critico acuto e dotto. La maggiore e miglior parte di essi, ed alcuni della Rivista europea (sugli epici moderni d'Italia, sul Niccolini, sul Grossi, sul Foscolo, sul Pellico, sul Manzoni, sulle poesie lombarde del XIII secolo, sui proverbj, sui canti popolari toscani, ec.) vennero raccolti in due vol. da T. MASSARANI (Milano, Hoepli, 1888), che vi aggiunse alcune notevoli poesie inedite. Venuto il '60 fu deputato di Milano dalla settima a tutta la tredicesima legislatura, e segretario operosissimo del Parlamento fino alla dodicesima. Consigliere di Luogotenenza e poi assessore del Comune di Milano, riordinò sapientemente l'insegnamento elementare. Alla Camera, temperati gli ardori giovanili, seguì con indipendenza la parte moderata. Fu membro del Consiglio superiore e presidente della Giunta di licenza liceale, e in tutti gli ufficj, per lo più gratuiti, portò dirittura di coscienza e tenacia di lavoro. Sopportò con dignità la perdita della massima parte del frutto delle sue fatiche decenni, nella catastrofe di una casa bancaria, e con stoica fermezza sostenne la lunga e dolorosa malattia, che gli aveva fatto rinunziare alla deputazione, e lo trasse al sepolcro ai 4 settembre 1883.

[Per la biografia, vedi G. CANTONI, C. T. e il suo tempo, in Rendic. dell' Istit. lomb., 21 febb. 1884; A. D'ANCONA, in Varietà storiche e letter., Milano, Treves, 1885, II, 379; G. ZANELLA, C. T. e il pensiero civile, in Rassegna nazion. del 1° aprile 1886; P. VILLARI, in Scritti varj, Bologna, Zanichelli, 1894, p. 511; G. NEGRI, in Rumori mondani, Milano, Hoepli, 1894, p. 83; e sopra tutti T. MASSARANI, C. T. e il pensiero civile del suo tempo, Milano, Hoepli, 1888.]

1 Vedi sul Crepuscolo, due Lettere del T. ad A. Ciscato, pubblicate da quest'ultimo, a Vicenza, tip. Commerc., 1895.

2 Altri sonetti inediti pubblicò A. CIPOLLINI nella Perseveranza del 23 marzo 1900, e nell' Idea liberale, IX, 8.

Dal Monte Generoso.

Qui dove l'ombre di silvestre pino, Le notturne rugiade e il chiuso fonte Tempran le stati, e il pigro cittadino Nel robusto si spoltre aere del monte,

Io venni un dì, fuggiasco pellegrino,
Per aspre vette al mandrian sol conte,
Sparian le stelle, e il limpido mattino
Sull'immenso salia freddo orizzonte.

Cheta era l'ora, nè sentor d'umana
Vita spirava; ed io corsi col guardo
La natale a spiar terra lontana.

Ahi quanta piena di desio, di duolo
M'assalse allor, che sospiroso e tardo
All'ospite tornai straniero suolo!

(Dalle Prose e Poesie scelte, ediz. Hoepli, vol. I, pag. 414.) Fede e Pensiero.

Fanciul spirommi la pietà materna
L'amor santo dell' are e la preghiera,
Spirò cara la fè d'una superna

Sede, e d'un dì che non vedrà mai sera.
Ma sul cor, che i novelli anni governa,
La ragion valse, e fugò i sogni altera;
L'are allor für neglette, e dell' eterna
Patria obliata l'infantil chimera.

Pur quando al vero salir tento, e audace
Chiedo l'ali al saper, ma mi sconforta
Il lungo antico investigar fallace,

Sorge il ricordo della dolce scorta,
E in quei sogni rammento ahi quanta pace,
Quanta delizia di pensiero è morta.

Per via.

(Ibidem, pag. 419.)

Quand' io l'afflitta e lenta anca trascino
Qual del lungo malor l'ira concede,
E la stanchezza che nel volto siede
Cresce nel faticoso aspro cammino,

Cortese è l'atto di chi vien vicino
E il patir scorge onde si incerto ho il piede,
E onesto si ritragge e il passo cede
A quest'antico che va tardo e chino.

Una mestizia allor dolce in me scende
Per la pietà che altrui negli occhi ho vista,
E il piè si spigra, e il duol men crudo offende.
Pur collo sguardo che pietà rifiuta
M'ergo, e dir sembro: Oh il duol forte m'attrista,
Ma saldo è il cor, nè per tristezza ei muta.

(Ibidem, pag. 426.)

« PreviousContinue »