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Mattin scendea dai pallidi d' ulivi
Amalfitani clivi

Una gagliarda gioventude: l'arme
In su la spalla; il carme

In su le labbra; l'onda

Di fronte immensa, e la baldanza in core.
E intanto la profonda

Mente scrivea dei padri una prudente
Legge che resse la marina gente;
E porgeva ai nocchieri,

Per governar dei loro alberi il volo,
L'ago fedele nell'amor del polo;
Perchè nei tempi neri,

Quando netturna infuria la procella,
Scusasse il raggio dell'occulta stella.

E tu scendevi, amazzone dell'Arno,
Pisa tremenda e bella,

Tu pur scendevi a le marine giostre
Balzando in cima a le spumanti prue,
Come a selvaggi corridori in sella:
E valoroso indarno

Ful Saraceno a cui le olenti chiostre
Palermitane fulminavi e i chioschi
De le Alambre azzurrine.

L'oro e le merci di rimote arene
S'accumulâr no' toschi

Stipi e al tuo nome l'isole tirrene
Servíano, come ninfe oceanine;
E teco le fraterne acque fendea
Genova, l'iraconda

Ne le cacce del mar säettatrice.
Lionessa dell' onda,

Lasciò il teatro de la sua pendice,
E le terrazze candide, e i giardini
Pensili, e i cedri del natio Bisagno,
E tra una selva d'ondeggianti pini
Volò a ruggir con la rabbia inumana
Del súbito guadagno,

Fatta al sultano bizantin sultana:
E poi che d'oro e di fortuna sazi
Ebbe i suoi figli, ai popoli largiva
Il mondo americano.... Ahi! scellerate
Nipoti di Caïno!

Voi che esultaste nei fraterni strazi,
Dall'abisso dell'italo destino

Vi maledice il vate.

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Oh Meloria! Meloria! - Allor che in prima Quel tuo passando vidi

Cimitero d'Atridi,

Sopra il navil che mi traeva, io piansi

Una lagrima amara. Era di notte:
Un vel copría di languide tenebre
L'isolotto funèbre :

Quando m'apparve sovra il bruno mare
Un galleggiar di bare;

E quinci un uscir d'ombre

A pugnare implacabili, e le spiaggie
Di cadaveri ingombre,

E il frutto che frangevasi a le arene
Mandava un suono come di catene....
Ma venner, Pisa, i giorni
D'espïazione; ed or le capre l'erba
Brucano ne la tua piazza superba;
E fin quando t' adorni

Tutta di lumi in festa genïale,
Rassomigli a una pompa funerale.

(Dal Canto Le città italiane marinare e commercianti.)

Le paludi Pontine.

Allor che ne le

Meste per tanta luce ore d'estate
Il sole incombe assiduamente ai campi,
Traggono a mille qui, come la dura
Fame ne li consiglia, i mietitori;
Ed àn figura di color che vanno
Dolorosi all'esiglio; e già le brune
Pupille il velenato aëre contrista.
Qui non la nota d'amoroso augello
Quell' anime consola, e non allegra
Niuna canzone dei natali Abruzzi
Le patetiche bande. Taciturni
Falcian le mèssi di signori ignoti;
E quando la sudata opra è compita,
Riedono taciturni; e sol talora
La passione dei ritorni addoppia
Col domestico suon la cornamusa.

Ahi! ma non riedon tutti; e và chi siede
Moribondo in un solco; e col supremo
Sguardo ricerca d'un fedel parente,
Che la mercè de la sua vita arrechi
A la tremula madre, e la parola
Del figliuol che non torna. E mentre muore
Cosi solo e deserto, ode lontano

I viatori, cui misura i passi
Col domestico suon la cornamusa.
E allor che nei venturi anni discende
A côr le mèssi un orfanello, e sente

Tremar sotto un manipolo la falce,
Lagrima e pensa: Questa spiga forse
Crebbe su le insepolte ossa paterne.

(Dal Canto Il Monte Circello.)

GIUSEPPE MONTANELLI.

Gli fu patria Fucecchio, terra del Valdarno inferiore, a dì 21 gennaio 1813. Studiò leggi a Pisa, e giovane ancora vi professò Diritto patrio e commerciale. Coltivò anche la pocsia, e stampò un volumetto di versi (Firenze, Galileiana, 1837), ch'ebber plauso per certa malinconia romantica, propria de' tempi.' Amatissimo dalla gioventù alla quale era caro per dolcezza di modi e calor di parola, fu capo de'liberali pisani; ma la fantasia mobilissima e una naturale tendenza al mistico, lo fecero trapassare agevolmente dal sansimonismo al cattolicismo liberale, dal neo-guelfismo giobertiano alla democrazia. Iniziò a Pisa la protesta contro la venuta in Toscana delle dame del sacro cuore per fondarvi istituti educativi, e diresse ogni manifestazione politica di que'tempi, finchè, date le riforme, fondò il giornale L'Italia, avendo a cooperatori il Centofanti e il Giorgini. Nel '48 prese le armi, si battè il 29 maggio, rimase ferito e andò prigioniero; ma per lungo tempo fu creduto morto, e gli si fecero esequie solenni. Quand' ei tornò, circondato dall'aureola del martirio, trovò sconvolte le cose toscane, e Livorno quasi divulso dalla Toscana: il ministero Capponi credè rimediare al male, mandandovelo governatore. Appena giunto, vi proclamò la Costituente Italiana, senza esserne inteso col ministero, che si dimise, e il Montanelli ebbe l'incarico di formarne un altro. Vi ebbe egli la Presidenza e gli Esteri, e il Guerrazzi l'Interno. Ma la Costituente, come il Montanelli la proponeva, lasciava i principi in balía del voto popolare, e il Granduca, dopo molte tergiversazioni, non trovò partito migliore che quello di raggiungere Pio IX a Gaeta. Il Montanelli fu allora triumviro col Guerrazzi e col Mazzoni: e quando il Guerrazzi fu investito della dittatura, andò a Parigi in missione, e parve che il Dittatore fosse felicissimo di levarsi d'attorno il fantasioso compagno. Rimase a Parigi tutto il decennio, e scrisse in esilio parecchie cose di argomento politico e letterario: la Tentazione, poema; la Camma, tragedia; gli Schiarimenti nel processo politico contro il Ministero democratico (Firenze, 1852), gli Appunti storici sulla rivoluzione italiana (Torino, 1859); e, più notevoli d'ogni altra cosa sua, le Memorie sull'Italia e specialmente sulla Toscana dal 1814

Vedine un cenno anche in R. BARBIERA, Immortali e dimenticati, Mi« lano, Cogliati, 1901, pag. 272.

al 1849 (Torino, Società editrice ital., 1853, 2 vol.): libro, dice F. Martini, importantissimo per la conoscenza de' fatti, ma non di rado parziale nei giudizj e di molta ineguaglianza nello stile; ove sono alcune belle pagine fra le molte nelle quali ora per ismania d'esser spontaneo dà nel negletto, ora scambia la dignità col sussiego» e questo è vizio, notatogli anche dal De Sanctis, che nello stile non trova « fusione» tra le comuni forme italiane e le prette toscane. Nel 1859 tornò in Italia; vide l'imperatore Napoleone dopo l'armistizio, ed ebbe da lui una negativa assoluta all'unità: si credè depositario del segreto napoleonico, e se ne fece banditore propugnando la formazione di un regno dell'Italia di mezzo. Deputato all'Assemblea toscana non prese parte al voto dell'unione al Piemonte, bensì a quello della reggenza del principe di Carignano, considerandolo come avvicinamento al concetto da lui vagheggiato: nell' adunanza del 20 marzo '60 negò un voto di lode al governo del Ricasoli, e non ebbe che tre aderenti. Intorno a lui si era fatto il vuoto, respingendolo così i moderati e monarchici, come i democratici, tutti egualmente fautori dell'Unità. Scrisse a difesa delle sue idee un opuscolo, in che dominavano più le idee astratte che i concetti pratici: L'Impero, il Papato e la Democrazia in Italia (Firenze, 1859): collaborò all'Unità Italiana, e fondò poi la Nuova Europa, ch'ebbe corta vita. Nel parlamento italiano, dopo tre prove fallite, entrò solo nel 1861, ma la morte lo colse poco dopo, ai 17 giugno 1862 in Fucecchio, e il Guerrazzi ne recitò l'Elogio nei solenni funerali che gli fece la sua terra nativa. Ha una memoria nel Camposanto, e un busto nell' Università di Pisa; e un monumento gli fu eretto in Fucecchio nel 1892.

[Vedi per la biografia, A. PROVENZAL, Alla cara memoria di G. Montanelli, Livorno, La Minerva, 1862; ENR. REDI, Ricordo biografico di G. M., Firenze, Ducci, 1883; F. T. PERRENS, Souvenirs de la révolut. toscane: G. Montanelli, nella Revue des DeuxMondes, mai 1856; FERD. MARTINI, Per G. M., in Simpatie, Firenze, Bemporad, 1900, pag. 387.]

Il combattimento di Curtatone e Montanara. - La mattina del 29 tutta la mole dell'armata nemica piomba sopra di noi. O forti anime antiche, che a questo sole del 29 maggio vedeste fiaccato l'orgoglio di Barbarossa, venite a vedere degnamente celebrato l'anniversario di Legnano!

Fummo chiamati sull' arme verso le nove. Faceva bellissimo giorno. Dopo un'ora che stavamo invano aspettando tuonasse il cannone, il colonnello Campia, preposto alle milizie di Curtatone, mi domanda se la nostra compagnia

Saggi critici, Napoli, Morano, 1869, pag. 156.

si risentirebbe d'andare a scoprire il nemico. Malenchini prese con sè dieci o dodici, e mosse fuori della trincea. In meno di dieci minuti comincia il moschettare. D'Arco Ferrari non aveva voluto radere la campagna per riguardo ai proprietarj di quella; cosicchè gli archibusieri nemici venivano fino sotto i parapetti, nascosti fra le spighe.

Poco dopo Curtatone la zuffa si appiccò a Montanara. Laugier era risoluto a tener fermo, finchè non giungessero gli aiuti piemontesi per ripetuti dispacci promessigli. Fra il fulminare dei moschetti e dei cannoni esce a cavallo fuori dei parapetti, e coll'esempio insegna prodezza. Dovunque passava era un agitare di caschetti in cima alle baionette, e un osannare all'Italia. Giunto a Montanara, domanda a Giovanetti, preposto colà, perchè faccia combattere i bersaglieri all'aperto. Egli sorridendo risponde: — Gli Italiani devono mostrare il petto al nemico.

Più volte gli Austriaci ci assaltarono, e più volte li ributtammo.

Un esile drappello guidato dal capitano Contri mosse da Curtatone a molestare il fianco sinistro del nemico. Si affronta con foltissime colonne, e fa loro assai danno. Due battaglioni gli vengono sopra, e lo costringono a ripiegare. Rinfiammato dalle parole di Laugier, e alcun poco rinforzato, tornava all'assalto, e costrinse momentaneamente i battaglioni tedeschi a dar volta.

Il battaglione degli Scolari, lasciato nella retroguardia alle Grazie, a udire il tumulto della zuffa, e a vedere portati colà i primi feriti, non raffrenò la bramosia del pericolo, e quando Laugier facevalo chiamare, perchè ancor esso pagasse alla patria tributo di sangue, trovavasi dove già più ferveva la zuffa. Ecco l'eletta schiera sul ponte dell'Osone.... Oh tesoro d'accumulato sapere ! Oh pregnanza di scoperte! Oh patrie speranze, e orgogli, e affetti materni in cimento! Qual vuoto per l'umanità, se sparisca alcuno di quei principoni teutonici pugnanti contro di noi? Ma in questo breve spazio occupato dalla sacra legione del pensiero toscano, ogni palla nemica minaccia inestimabili danni.... Qui principi di sapienza e di civiltà un Mossotti, un Piria, un Burci, un Pilla! E una cannonata li sul ponte rapiva al mondo questa cima in geologia di Leopoldo Pilla, che spirò dicendo: - Non ho fatto abbastanza per l'Italia. Cadevagli poco discosto Torquato Toti, giovanetto d'ingegno arguto come la valdarnina aria nativa, discepolo mio dei più promettitori.

Ammutolirono i nostri due pezzi, coi quali il tenente Niccolini faceva assai danno al nemico. Un razzo caduto sulla cassa delle polveri suscita un incendio, che uccide o ferisce gran parte degli artiglieri. Niccolini è ferito. Una aiuola li appresso ai cannoni, dove io combatteva, mi rese imagine di bolgia infernale. La lieta faccia del cielo velata

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