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sere, comunque voglia dirsi che in quelli si vedeva non la dignità di uomini, ma la qualità di subalterni. L'inumano abbandono del contadino alla inesorabile avidità d'un affittajuolo, che, pagato caro il tenimento, deve smungerlo ad ogni modo, era ignota ai padri di quei che ora l'esercitano fra pompose declamazioni di filantropia; il contadino moriva sul fondo coltivato da suo padre o da suo nonno, e che trasmetteva ai figli e ai nipoti insieme colla riverenza ai padroni, i quali egli era certo lo salverebbero dalla fame e dai soprusi. Anche i servi eran nati in casa o entrati fanciulli; cresciuti coi padroni, gli amavano direi per istinto; annestavano la propria sulla famiglia di quelli. Cosi avveniva de' ministri della casa, così degli artieri: patronato che costituiva un nuovo legame sociale, appoggio ai piccoli, lustro ai grandi. Chiamiamola pure vanità, neghiamo ogni merito ai ricchi che proteggevano; ciò non toglie che gl'inferiori se ne trovassero meglio e tranquillati sul loro avvenire. Chi consideri che i ricchi aveano modo d'ottener una educazione, inaccessibile ai poveri, che essi aveano cognizione delle leggi per istudio, pratica degli affari per tradizione, potenza d'impegni e volontà di tutelare per ispirito di classe, sentirà di quanto potessero riuscir giovevoli la fiducia che l'uomo istruito ispira all'ignorante, la protezione del ricco intelligente sul povero laborioso, l'influenza di un nome conosciuto da lungo tempo, di una persona esposta al pubblico sguardo fin dalla nascita.

Vero è che quella clientela poteva degenerare in fiacca condiscendenza, in una persuasione di naturale inferiorità, che non lasciasse scorgere tampoco i difetti de' padroni, e le arroganze ne ascrivesse alla condizione.

Alcuni nobili coprivano insigni cariche, o vestivano la porpora.

I meglio studiosi, i più caldi promulgatori degli oracoli del tempo sorsero appunto fra quella classe, a cui la fortuna dava ed agi e tempo da studiare, e appoggio di parentele, e indipendenza di parola. . . . .

Fa duopo ch'io nomini il Beccaria e i Verri? A quel caloroso Pietro Verri, che tanto male disse del suo paese e tanto bene gli volle, supponiamo che alcuno, al diffondersi delle idee giacobine, rinfacciasse l'esser nobile: « Che?» avrebbe potuto dire: « non son tra la nobiltà i più bei nomi che vanti la patria nostra? Un Cristoforo Casati, che in sua casa raccoglie i migliori artisti e scrittori e gli incoraggia di lodi e sussidj, giurisperito egli stesso ed antiquario di vaglia, come il prova il suo lodato libro dell'Origine delle auguste case d'Austria e Lorena: un Carlo Trivulzio, che fece ricchissima raccolta di libri e di medaglie: il marchese Giuseppe Corio Gorini, comico lodato, e che nella sua Politica e Diritto per ben pensare e scegliere il vero dal falso anticipò molte delle idee or gridate per le piazze: il mar

chese Guidantonio Brivio valente matematico: il conte Gustavo Taverna e l'abate Trivulzio, raccoglitori numismatici diligenti: Girolamo Birago, capacissimo avvocato, massime in materie di fedecommessi, e autor di commedie e poesie, tra cui Meneghin alla Senavra, ove descrive gli esercizj che i gesuiti davano in quella lor casa: il conte Carlo Pertusati presidente del senato, la cui biblioteca di ventiquattromila volumi, comprata dalla nostra Congregazione di Stato, divenne il fondamento della biblioteca di Brera: un conte Carlo Archinto, gentiluomo di camera dell'imperatore, tosonista, grande di Spagna, il quale, studiato a Ingolstadt e viaggiato assai, raccolse e libri e stromenti matematici, scrisse varie operette, di cui alcune stampò, istitui un'accademia di scienze e belle arti, e con alquanti nobili amici fondò la Società Palatina. Oltre il munificentissimo cardinale Durini, sarà un pezzo ricordato fra i migliori arcivescovi il nostro cardinal Pozzobonello, che da quarant'anni sostiene il decoro della sua sede come chi non teme i grandi perchè non soprusa ai piccoli. Il conte Luigi Castiglioni dai viaggi transatlantici riportò in patria nuove piante, nuove industrie e cognizioni dell'uomo. Îl conte Carlo del Verme raccolse in sei volumi i monumenti della propria famiglia, ajutato dal padre Cesare Brusati novarese, che vi antepose una dissertazione De nobilitate. Il conte Serbelloni primeggiò nelle guerre di Francia e Turchia sotto Carlo III, poi in quella di successione e dei sette anni. Ignazio Busca, nunzio pontificio nel Belgio, perfetto uom di mondo, pieno di cognizioni pratiche acquistate nei viaggi, or cardinale e governator di Roma, cerca introdur colà gli ordinamenti municipali, come li vedeva in Fiandra e nella nostra Lombardia. Il conte Andreani ci mostrò i primi parafulmini e il primo volo areostatico nella vicina villa di Moncucco. Il conte Imbonati fu l'amico e il padre di tutti i nostri letterati, ai quali presiedeva nell'Accademia de Trasformati. Il marchese Gaetano Rosales collaborava alla Nuova Enciclopedia Italiana per la storia civile e pel blasone, e per la classe de' mestieri. Il conte Giorgio Giulini radunava le Memorie del Milanese, improba fatica. Volete vi citi delle dame? Eccovi la contessa Clelia Borromeo Grillo, che fondò un' accademia filosofica letteraria, dove, senza le ridicolaggini delle Preziose di Parigi, fortunatamente ignote alle nostre dame, raccoglieva i migliori ingegni; ivi faceva sperienze l'insigne naturalista Vallisnieri; e il famoso padre Grandi, restauratore in Italia della sintesi sublime, dedicava ad essa un'opera, e da essa intitolò le curve clelie, e non era forestiero che non volesse averla conosciuta. La duchessa Serbelloni tradusse le commedie francesi di Destouches. Maria Gaetana Agnesi dei feudatarj di Montevecchia a nove anni diede un saggio di retorica con una orazione latina stampata; a quattordici anni suo padre apri

in casa un'accademia, dove essa per molto tempo spiegò filosofia, ricevendo objezioni da chichefosse; poi nel 1738 diede un'accademia più grande, dove espose a moltissimi concorrenti tutta la filosofia. Nelle Istituzioni analitiche (1748) svolse con chiarezza il sistema di Leibnitz e l'integrazione delle differenziali a molte variabili, opera tradotta e applaudita in tutta Europa, benchè qui neppure saputa; e, pia quanto dotta, si ritirò a servire i poveri nel Luogo Pio Trivulzio. Sua sorella Maria Teresa (1718-99) la ammiriamo sonatrice di cembalo e compositrice di musiche, fra cui quella della Semiramide. Quante volte la contessa Francesca Bicetti Imbonati colle sue poesie eccitò gli applausi de' nostri Trasformati !

» Non è questo un tal corredo da far perdonare la nobile nascita? E se volgiamo un occhio a qualche altra città dello Stato, per esempio a Como, troviamo nei Rezzonico un papa Clemente XIII e un cardinale; il conte Anton Gioseffo antiquario, autor delle Disquisitiones Plinianæ, e suo figlio Carlo Gastone, un de' letterati più festeggiati del secolo; in casa Erba il marchese Gerolamo reggente di Stato, e due cardinali, uno de' quali, Benedetto, fu nunzio in Polonia e arcivescovo di Milano; nei Lucini, uno cardinale e applaudito controversista, uno vescovo di Gravina e uno di Capsa negli infedeli; e il marchese Matteo tenente maresciallo, che lasciò settantamila scudi a quell'ospedale. Nei Rovelli, il somasco Carlo Francesco applauditissimo predicatore, Carlo vescovo in patria per sempre memorabile, il marchese Giuseppe che or detta una storia, delle migliori fra le municipali. Degli Odelscalchi, Antonio tradusse e suppli gli statuti di Milano; il conte Marco fu visitator generale delle manifatture, e in patria occupò fanciulli e uomini a filare negli ozj invernali, il che meritògli medaglie d'oro dalla nostra Società Patriotica. Da questa fu premiata la Teresa Ciceri per aver filato il gambo del lupino e l'amianto, e diffuso la coltura delle patate. Aggiungete un cardinale Stoppani, un Pellegrini vescovo di Epifania, poi in patria, dov' ebbe successore il Muggiasca, anch'esso patrizio. De Clerici il marchese Giorgio sali presidente del senato, e un altro fu proprietario d'un reggimento di fanteria. Grado di generali v'ebbero il marchese Casnedi, un Gaggi, un Cernezzi. Il marchese Giambattista Raimondi fu vicario generale dello Stato. Ignazio Martignoni, buon giureconsulto e buon dettatore d'eloquenza, sfangandosi dalle usuali pedanterie, ponderando il merito anche de' forestieri, asserisce che « più il vero che il verosimile c'interessa; » chiede ai filosofi « nella letteratura quella tolleranza che tanto predicano nelle cose della religione; » raccomanda l'imitazione della natura, imitazione libera e originale; ed esser armento chi non lei, ma imita qualche scuola particolare: pone il gusto nel più fino ra

ziocinio congiunto al più squisito senso, nato dall'abitudine d' esaminare, distinguere e confrontar le cose e le idee; e vuol un giusto equilibrio d'immaginazione, giudizio, affetto. Fulvio Tridi s'occupò delle antichità patrie e della storia del commercio. E senza assicurarmi da omissioni, chiuderò coi nomi del conte G. B. Giovio e di Alessandro Volta, destinati all'immortalità.

» Senza uscire da quest'alta Italia, voi trovate a Bergamo il Beltramelli, in corrispondenza co' migliori, e che allevò la contessa Suardi Grismondi, poetessa immortalata or ora dall' Invito a Lesbia Cidonia di Lorenzo Mascheroni: Ferdinando Caccia architetto ed erudito, che cercò ne libri elementari introdurre metodi meno fastidiosi d'insegnamento: il conte Lupi che nell' erudizione de' mezzi tempi vide tanto addentro. Mantova ha il conte Girolamo della Corte Murari, che poetò di storia e filosofia.

» Nella terra ferma veneta avete pure a Brescia il conte Duranti, buon poeta; Giulio Baitelli, che scrisse sui Cenomani ed ebbe una sorella grecista e poetessa, il qual merito divideva colla Camilla Fenaroli Solaro: il nostro collaboratore Colpani: il Corniani, autore della Storia letteraria; il Mazzucchelli, oltre il cardinal Quirini e Antonio Brognoli, protettore caldissimo delle lettere e autore di elogi e d'un poema sui Pregiudizj; un Pompei, un Manara marchese, i conti Algarotti, Roberti, scrittori vivaci se non diligenti: due Pindemonti, lo Spolverini, l'insigne Scipione Maffei : a Verona, dove il conte Carlo Pellegrini è insigne architetto militare il conte Daniele Florio d'Udine, poeta distinto dalla imperatrice e da Metastasio: il conte Lodovico Barbieri vicentino, filosofo di molte scritture; il Lorgna naturalista, che fondò a Verona la Società Italiana dei quaranta, destinata a raccor le forze scientifiche di tutta la nazione. Fra gli eruditi han grido i conti Carlo Silvestri di Rovigo, Ottaviano Guasco di Bricherasio; Rambaldo Azzoni degli Avogadri, che in Treviso stabili l'accademia de' Solleciti, e fabbricò e dotò una biblioteca, e primo schiarì la numismatica.

>> Di tanti patrizj veneti appena nominerò i serenissimi dogi Grimano e Marco Foscarini, Vincenzo Pasqualigo, Ascanio Molin, Giandomenico Tiepolo, Francesco Foscari ambasciadore presso molte Corti, che da Biagio Ugolini fe' compilare e stampare a sue spese il Thesaurus antiquitatum sacrarum in trentaquattro volumi in-folio, oltre sussidiare la Bibliotheca veterum patrum del Galando in ventiquattro volumi e non tacerò il Falletti che con munificenza regia fe' modellare al vero le migliori statue del mondo, e con una quantità di bronzi, di schizzi, di bozzetti, di copie, di quadri, li collocò nel proprio palazzo a vantaggio degli studiosi.

» Fra i Piemontesi, del conte di San Rafaele si leggeran sempre volentieri il Secolo di Augusto e altre operette tutte morali: e con essi procedono i conti Balbo, Galeani Na

pione, Gio. Francesco Bagnolo, antiquario, che illustrò le tavole eugubine; i Robilanti militari e minerologi: il Saluzzo di Monesiglio, uno de restauratori della chimica e delle migliori teorie dei gas e della combustione; Buronzio del Signore vercellese, che trovò o illustrò eruditissimamente le opere del vescovo Attone, e perseverò negli studj finchè fu chiamato arcivescovo di Acqui, di Novara, di Torino. L'avvenire più non dimenticherà il conte Vittorio Alfieri.

> Volete nobili architetti? mi cadono a memoria i conti Francesco Ottavio Magnacavalli di Casalmonferrato, Andrea Arnaldi vicentino, Girolamo Pozzo veronese, Ottone Calderari e il Cerati, degni concittadini di Palladio. Volete guerrieri? basti nominarvi Alessandro Maffei veronese, maresciallo, terror de' Turchi, e lo Zeno e l'Emo, che or ora mostrarono non esser Venezia indegna del suo passato. Volete matematici? Eccovi tre Riccati, il marchese Fagnani, il marchese Polleni, il nostro Annibale Beccaria, il Carli, il Frisi, il Fe, il Marinoni. »

Questi nomi avrebbe potuto trovar nella sua memoria il Verri, a tacer quei tanti che una fama precaria solleva; a tacere i bellissimi della sua famiglia ed altri che, fattisi educatori della nazione, cercavano nuove guarentigie d'ordine e di sicurezza, nutrivano e spingevano innanzi la speranza del sociale progresso. E il Parini, che per avventura l'udisse, e che credesse con ciò risposto alla sua satira, avrebbe potuto rispondergli: A questi somiglino coloro che fossero disposti ad irritarsi al ritratto de' loro maggiori: e mostrino la più giusta maniera di sdegno col forbirsi dai difetti che altri ne dipinge, col mostrarsi diversi da quella spuria genia che non trae orgoglio se non dall'orpello, e le cui brighe, anche nella decadenza sua e nei trionfi dalgualità, molestano il paese e chi nega incensi al cataeite donde non esce più che il fetore dell'antico vanto e della presente putrefazione. (CANTU, L'abate Parini e lo Lombardia, ec., in Storie Minori, vol. II, ediz. di Torino, 1864, pag. 522 e segg.)

GIUSEPPE MAZZINI.

Questo grande agitatore nacque in Genova ai 22 giugno 1805. Fu solenne fra le impressioni della sua giovinezza quella dei capi della rivoluzione piemontese del '21, che, fallito quel moto, salpavano da Genova per la terra d'esilio: ei d'allora votò sè stesso alla patria, al cui amore infiammava i coetanei e condiscepoli. A tale scopo ei volgeva anche gli studj letterarj, in articoli inseriti prima nell'Indicatore Genovese (1828) e nel Livornese, poi anche nell'Antologia, militando risolutamente sotto la innovatrice insegna del romanticismo. Affiliato ben presto ai Carbonari, di

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