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mila cannonate che lo Imperatore sparò a Vagria! E' v'era da darsi la testa nei muri! La mia dignità offesa non seppe sopportare la suprema ingiuria: mi ribellai, ruppi la carretta, ferii il carrettiere: allora il pio padrone mandò per lo scortichino, e pose ogni industria per ricavarne uno scudo, mezzo scudo; e quando lo scortichino si ebbe abbottonato tutte le tasche, e risposto alla perorazione del mio signore che io non valeva la pena di essere scorticato, con un eroico calcio nella pancia cacciò me misero fuori di stalla, dicendo: - Va' a guadagnarti il pane! Oh cuore di ferro, io te lo avevo guadagnato il pane...." E qui i singhiozzi interruppero il cavallo, e più non potè dire. Adattati, via," concluse la serpe volgendosi al montanaro. E l'uomo smanioso esclamava: "Oh Dio! così non può essere! Cassazione! Cassazione! Qui non usa la Cassazione. Se non usa, userà. Basta che sia in Francia, perchè tra poco venga anche tra noi. In questa terra ormai di proprio non sappiamo fare altro che sbadigli. Di Francia ci viene tutto bello e fatto: stivali per camminare, leggi per governare, parrucche per non infreddare, raziocinii per ragionare, e ogni cosa a buon prezzo. In Cassazione! Potrei oppormi, e non voglio," rispose la serpe; e questo per convincerti come voi altri uomini abbiate calunniato sempre la mia famiglia, da Eva in poi, quando rovesciò la sua colpa sul mio bisnonno: come se la donna per perdersi e per perdere avesse di altra cosa bisogno che della vanità, la quale le scorre le vene insieme col sangue. Ebbene, tenta se ti piace anche questo esperimento estremo."

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१९

E si rimettono in via; nè andarono gran tratto, quando parve loro vedere, o videro certo, qualche cosa che si agitava sopra un albero. Guardano una volta,... due,... era una scimmia, che scendeva e saliva con la irrequietezza propria a questi animali, scegliendo i frutti maturi, e facendoli sparire in bocca, come il giocoliere costuma con le sue pallottole.

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'O scimmia!" E quella.... dura. O scimmia!" Ed ella: Lasciatemi pensare." E preso un fico annebbiato1 lo tira diritto nel naso al montanaro. Mal principio era questo; pure il povero uomo con voce sbaldanzita espone il piato, e la supplica a decidere, terminando questa volta, siccome il cuore gli detta, con un poco di perorazione ove toccava della moglie e dei figliuoli che lo aspettano a casa, e che del lungo aspettare si disperano, e si fanno di tratto in tratto a capo della strada per vedere s'ei giunga: cose tutte che mossero la serpe ad un grosso sbadiglio, e poi, come sicura del fatto, esclamò: "Aspetteranno un pezzo!

La scimmia, poichè ebbe porto ascolto a ogni cosa, me

1 Un fico colto dalla nebbia nel periodo della maturazione, e perciò diventato duro e di mal sapore.

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ditò alquanto, e poi colse un fico e poi un altro, altro ancora, sicchè la serpe corrucciata le riprese: Oh insomma, che cosa armeggi? Decidi o non decidi?" E la scimmia di rimando: "Taci là! credi che io non sappia esercitare il mio ufficio? Pensi tu essere cosa insolita la magistratura in casa mia? Se tu avessi letto il nostro Esopo, tu sapresti come la scimmia giudicasse la gran lite tra la volpe e il lupo, ove dette torto a tutti e due. Qui bisogna meditarvi sopra: e mangiò un fico: "conciossiacosachè ci abbia insegnato Loysel; bien juge qui tard juge; — et de fol juge briève sentence; et qui veut bien juger écoute partie. Onde prima di sentenziare in merito, parmi bene che ci abbiamo a condurre sopra la faccia del luogo, per vedere appuntino come la bisogna cammini.”

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La serpe si oppone, allegando la indagine del fatto essere estranea all'ufficio della Cassazione, ma la scimmia insiste con queste parole:

"Distinguo: nella specie, la questione di fatto è assorbente quella del diritto, per questo perchè il fatto è pedissequo del diritto, e il diritto è pedissequo del fatto; e intanto nel concreto caso bisogna conoscere il fatto, inquantoché altrimenti non si potrebbe applicare il diritto; o, in altri termini, il diritto sta dirimpetto al fatto come il fatto sta dirimpetto al diritto. Per questi motivi, i quali d'altronde trovano appoggio in tutta l'antica e la moderna giurisprudenza e negli scrittori più schiariti alla materia, è di evidenza intuitiva, come due e due fanno quindici, che in Cassazione possono e devono effettuarsi verificazioni di fatto, tuttavoltache appariscano collegate, vincolate e strettamente pedisseque al diritto: e quindi facendo ragione alla domanda del montanaro, dobbiamo ordinare, conforme ordiniamo l'accesso sopra i luoghi."

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La scimmia scende dal fico, e insieme uniti si riducono al punto ove il caso avvenne. Allora la scimmia favellando piacevolmente alla serpe, la interroga: "Carina mia, or dunque dimmi: quando il montanino ti rinvenne intirizzita, stavi proprio qui?" Qui traverso." Bene; ed egli ti prese per la coda, e ti portò quaggiù?" Precisamente." E qui gli ordinavi ti mettesse nel buco?"-Qui appunto. O dove si trova egli questo benedetto buco?" Eccolo." E come ti riesciva a ripiegartici dentro? Vediamo un po', via." - "Adesso i' non ci capisco."-"Provati, carina." Mi sforzerò...." E la serpe assottigliandosi poco per volta, comecchè a stento, vi si ficca dentro, e sopra a lei la scimmia getta allora copia di fieno, interrogando con modi ingenui: E così ti ricoperse schermendoti dal freddo?" Così."

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Allora la scimmia, svelta e leggiera, presa una grossa pietra la sovrappone all'orlo del buco, e grida: "Ora che ci sei, stacci; e a rivederci a quaresima.'

Poi voltasi all'uomo, tra beffarda e severa, gli disse queste parole: "Non è già che il cane e il cavallo difettassero di ragione: la tua razza malvagia meriterebbe essere cancellata dalla vita: homo sortitus est anima mala. Quale animale senza necessità di fame o di difesa uccide le creature di Dio? Nessuno tranne l'uomo, che per vaghezza o per ozio fa strage delle anime viventi, e dalle voglie omicide ricava argomento di trionfo. Quale animale come l'uomo ha fatto della distruzione un mestiere? Sopra ogni studio, per cui diventa simile a Dio la vostra mente, voi avete nobilitato questo mestiere, e col soccorso delle scienze più sublimi vi siete ingegnati sciogliere il problema di sterminare la maggiore quantità possibile dei proprj simili nel minor tempo possibile. Fu cane o gatto l'inventore della polvere, delle artiglierie, dei razzi alla Congrève, delle mine e simili? Sono eglino bovi e cavalli, Paixhans e gli altri che trovarono il modo di distruggere in minuti un vascello, e la polvere-cotone? Chi può come voi adoperare il riso per dissimulare il pianto, e il pianto per dissimulare il riso? Chi di noi seppe tradire il suo Maestro con un bacio? Chi di noi si avvisò nella espansione dell'amore adattare un laccio al collo alla femmina gia amata, e strangolarla? La parola vi tiene luogo di arnese per dare ad intendere il contrario di quello che il cuor vostro pensa. La vostra ragione come un faro infame vi precipita tra lo errore e il delitto. Così poco costumate amarvi e beneficarvi, che al più leggiero benefizio ecco accendete le luminarie e i falò, suonate le campane a distesa, date fiato alle trombe da scoppiarne le gote, sudano i torchi, se ne appiccano i cedoloni su pei muri. Noi altri di una stessa razza non ci facciamo mai male: noi non conosciamo quella tanto onorevole accompagnatura dei sette peccati mortali.... Omero, Virgilio e gli altri vostri poeti antichi assomigliano qualche uomo micidiale a tigre, a lione, a pantera e simili: ben per loro che sono morti, altrimenti capiterebbero male; e se i poeti romantici hanno smesso questo mal vezzo, nol fecero già perchè queste similitudini sembrassero loro o troppo classiche o troppo viete, ma per avere saputo che questi miei fratelli di bestialità, perduta alfine la pazienza, si erano risoluti ad accusarli criminalmente d'ingiurie. La ferocia umana non trova ferocia che la superi, e nemmeno che la uguagli. Come i Romani dicevano di Cartagine, la umanità delenda est. Non date il santo ai cani; e ogni albero che non fruttifica o fruttifica male va reciso e gettato sul fuoco; colui che soccorre ai tristi sperpera la sostanza dei buoni, e quando il bisogno li stringe, manca in coloro che li dovrebbero giovare la volontà o la facoltà per levarli di pena. - Nè questo è tutto: il malvagio, che invece di vedersi vilipeso e punito si vede tenuto in pregio e premiato,

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indura nella nequizia e raduna forze per continuare nella flagellazione delle creature dabbene. Le serpi non si raccolgono, ma si calpestano. —Però siccome conosco a prova amore di figli che cosa sia, e mi sento viscere di carità, mi trovai commossa al pensiero del lutto della tua famiglia in sapendoti divorato vivo; e poi il tuo sembiante mi parve di uomo giusto, diverso affatto da quello dei tuoi fratelli, ed ho voluto salvarti. Vatti dunque con Dio, e continua a camminare nella via della carità, perchè quantunque tu possa incontrare qualche cosa che ti riesca molesta, alI'ultimo ne avrai rimerito dagli altri, e in ogni caso dalla tua coscienza, suprema premiatrice dei buoni; e forse a rivederci nell'altro mondo, perocchè il sapientissimo re Salomone che cosa abbia detto: - Chi sa se lo spirito delle bestie vada in su od in giù? - Questo noi vedremo dopo...."

Ciò detto, la scimmia con salti smisurati fece ritorno alle amate fronde, e più agli amati frutti del fico. — (Dagli Scritti, ediz. Le Monnier, 1851, pag. 92 e segg.)

CESARE CANTÙ.

Nacque a Brivio nella provincia di Como il 5 dicembre del 1804. Vesti l'abito di chierico per godere d'un beneficio ecclesiastico e per mantenersi agli studj. Deposto l'abito, fu nel 1822 professore nel Ginnasio di Sondrio, poi in quello di Como e finalmente a Milano (1832). Mentre era a Como, gli mori il padre, e dovette provvedere alla numerosa famiglia (suo fratello Ignazio pure ebbe qualche nome nelle lettere e come educatore). A Milano, per sospetti non del tutto infondati della polizia austriaca, e per le persecuzioni del tristamente celebre Zaiotti, fu arrestato, e rimase in carcere dal novembre 1833 all'ottobre 1834. Non riebbe la cattedra e perdè poi la pensione. Ricercato novamente dalla polizia nel 1848, si rifugiò in Piemonte e ritornò a Milano dopo le Cinque Giornate; e cosi, dopo l'armistizio Salasco, esulò per alcun tempo dalla Lombardia, ma vi si ricondusse e più tardi credette alle speranze date d'un miglior governo dall'arciduca Massimiliano vicerè.

Dal '60 al '67 fu per tre volte deputato di Caprino Bergamasco. Come deputato, il Cantù, suscitò ire e non evitò animosità, per biliosa intemperanza di parola. Non più rieletto deputato, il governo, più equanime di lui, lo elesse soprintendente degli Archivj lombardi. Ebbe onorificenze da varj reguanti, e dalla nuova Italia la croce di cavaliere del merito civile; un ricordo a Cesare Cantù vivo fu per pubblica sottoscrizione collocato nel 1883 nell'Archivio di Stato milanese, presentandogli nel medesimo tempo una medaglia d'oro. Morì a Milano l'11 marzo del 1895.

1 Vedi A. BERTOLOTTI, La medaglia monumentale in onore di C. C., Torino, Bocca, 1883.

Si fece conoscere da prima con la novella in ottave, sul fare del Grossi, Algiso o la Lega lombarda (1828). Pubblicò poi la Storia della Città e diocesi di Como (1829-31, e Firenze, Le Monnier, 1856). Romantico in arte, e anche nella scelta dei soggetti di lavori storici, difese e divulgò il programma della nuova scuola lombarda con varj scritti di letteratura straniera (ricordiamo gli studj sul Byron, sullo Chateaubriand, su Victor Hugo e il romanticismo); ne promosse e sostenne gli intenti educativi con libri, che ebbero replicate edizioni e gran voga nelle scuole, come Il galantuomo, Il buon fanciullo, Il giovinetto, Carlambrogio da Montevecchia, Buon senso e buon cuore, Il portafoglio d' un operaio, ec.1 Per non dire dei suoi Inni Sacri (1836), e dei Sermoni (uno contro quello del Monti sulla mitologia), ricordiamo il romanzo Margherita Pusterla, scritto in carcere e pubblicato nel 1838, che fu poi ristampato molte volte e tradotto in più lingue. Si riferisce a una congiura milanese del sec. XIV, poggiando, come gli altri romanzi d'imitazione manzoniana, su un fondamento storico. Ha qualche figura, quali Fra Bonvicino, Alpinolo, Grillincervello, e qualche scena, come la prigionia di Margherita, la morte di Venturino e della madre, assai notevoli; è, insomma, uno dei migliori libri prodotti dall' applicazione delle teoriche nuove al romanzo.

Ma la parte maggiore e veramente migliore dell'opera del Cantù doveva dare l'osservazione e la ricerca storica. Oltre le Notizie su G. D. Romagnosi (1835) e su Beccaria e il diritto penale (1862), ci dette, volgendosi a lumeggiare fatti e figure, specie di Lombardia o ad essa attinenti, La Lombardia nel sec. XVII (1832) che è un bel commento storico ai Promessi Sposi, al quale concorse l'aiuto prezioso e amichevole del Manzoni stesso; L'abate Parini e la Lombardia nel secolo passato (1854), forse il più accurato lavoro del Cantù, ben adatto a dichiarare secondo le ragioni storiche l'essenza della satira pariniana; Monti e l'età che fu sua (1879). Sul Manzoni dette due volumi di Reminiscenze (1882), corrette poi e integrate nei ricordi fallaci o interessati e ne'giudizj meno che ponderati, dal conte S. Stampa figliastro del Manzoni. A questo libro si ricon nette in qualche modo l'altro sul Conciliatore e i Carbonari (1878). È merito del Cantù il disegno d'una Storia universale. Con altri concetti e agevolmente l'avevan potuta tentare gli antichi o le enciclopedie medievali: ben altra comprensione ed estensione e più imparzialità volevasi però da uno storico moderno. Pochi l'avevan tentata prima; ricordiamo il Rotteck e lo Schlosser, il cui lavoro è contemporaneo a quello del lombardo. Della Storia universale uscì il 1° volumé nel 1838, e fu compiuta in 35 volumi nel 1846. Il Cantù lavorò pertanto dal 1838 al '90 a quest'opera, dalla prima alla decima edizione. L'opera conteneva

1 Vedi E. DE MARCHI, C. C. educatore, Milano, Galli e Raimondi, 1891. 2 Vedi G. SILINGARDI, nella Rass. Naz., 1884, 4.

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