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Oh speranze fallaci! Oh mesti soli,
Che ora per tutta la celeste volta
Io con sospiri inutili accompagno!
Foscolo, vieni, e di giacinti un nembo
Meco spargi su lei: ravvisti a tempo
I miei concittadin miglior riposo

Già concedono ai morti; un proprio albergo
Quindi aver lice anco sotterra, e a lei
Dato è giacer sovra il suo cener solo.
Ecco la pietra del suo nome impressa,
Che delle madri all' ottima la grata
Delle figlie pietà gemendo pose.
Rendi, rendi, o mia cetra, il più soave
Suono che in te s'asconda, e che a traverso
Di questo marmo al fredd' orecchio forse
Giungerà. Che diss' io? Spari per sempre
Quel dolce tempo, che solea cortese
L'orecchio ella inchinare ai versi miei.
Suon di strumento uman non v'ha che possa
Sovra gli estinti, cui sol fia che svegli
De' volanti dal ciel divini araldi

Nel giorno estremo la gran tromba d'oro.
Che sarà Elisa allor? Parte d'Elisa

Un'erba, un fiore sarà forse, un fiore
Che dell'Aurora a spegnersi vicina
L'ultime bagneran roscide stille.

Ma sotto a qual sembianza, e in quai contrade
Dell' universo nuotino disgiunti

Quegli atomi, ond' Elisa era composta,
Riuniransi, e torneranno Elisa.

Chi seppe tesser pria dell'uom la tela,
Ritesserla saprà l'eterno Mastro
Fece assai più, quando le rozze fila
Del suo nobil lavor dal nulla trasse;
E allor non fia per circolar di tanti
Secoli e tanti indebolita punto,

Nè invecchiata la man del Mastro eterno.
Lode a lui, lode a lui sino a quel giorno.

(Dai Sepolcri, nella ediz. cit., pag. 249.)

VINCENZO MONTI.

Nacque il 19 febbraio del 1754 da Fedele e Domenica Mazzarri alle Alfonsine presso Fusignano, in provincia di Ferrara.' Studio dapprima a Fusignano, poi nel seminario di Faenza, attendendo

1 Vedi P. GASPARONI, Della vera patria di V. M., Roma, Menicanti, 1853.

specialmente alle lettere latine. Di mala voglia seguì a Ferrara i corsi di giurisprudenza, preferendo sempre lo studio de' classici italiani, latini e de' greci: questi ultimi però leggeva nelle traduzioni. Nel maggio del 1778 si recò a Roma per invito fattogli dal cardinale Scipione Borghese, che era stato legato a Ferrara; e Roma fu per circa vent'anni la sua dimora. Pur non avendo vestito mai l'abito ecclesiastico, benchè un tempo avesse pensato a farsi frate e poi prete, ebbe il titolo di abate, comune allora in Roma agli uomini in qualche modo attinenti alla Curia papale, e fu segretario del duca Braschi (1781), nipote di Pio VI. Appartenne all'Arcadia col nome di Antonide Saturniano. Nel 1782 ottenne dal Papa una pensione su un canonicato di San Pietro. Ebbe a soffrire persecuzioni

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e molestie varie, e rispose ai molti suoi detrattori col fiero sonetto caudato: Padre Quirino, io so che a Maro e a Flacco. Coltivò relazioni d'amore, che gl'inspirarono anche dei versi, con una giovane di nome Carlotta, conosciuta in Firenze nella casa dell' improvvisatrice Fortunata Sulgher-Fantastici,2 con Teresa Petracchi e poi con Clementina Ferretti. Sposò nel 1791 la bellissima Teresa Pikler, romana. Con animo commosso e mente attenta, segui, come in generale tutti i suoi contem

poranei, lo svolgimento dei nuovi casi di Francia, non senza mutar anch' egli di giudizj e di affetti, col mutarsi di quegli eventi straordinarj: e dopo essersi esaltato ai trionfi della « pacifica filosofia e aver sperato anch'egli nei miglioramenti preparati e iniziati dai pensatori e dai politici di oltr'Alpe, si scagliò contro gli eccessi della rivoluzione, e scrisse la Bassvilliana (1793) in vitupero della Francia e ad esaltazione della Chiesa. Della qual cosa, più tardi, quando le vicende della vita e i pubblici casi lo costrinsero a cercar un asilo nel territorio della Cisalpina, volle scusarsi

1 Vedi ACHILLE MONTI, in V. M. ricerche stor e letter., Roma, Barbèra, 1873, pag. 127; G. DEL PINTO, Amori ed odii di V. M. a Roma, nella Nuova Rassegnu, 10 giugno 1894; e vedi altresì (ibidem, 22 aprile), dello stesso DEL PINTO lo scritto sul Sonetto dell' Alfieri contro Roma, al qual sonetto rispose anche il Mouti; e M. MENGHINI, Monti, Sherlok e Zacchiroli, nella Nuova Antologia del 15 luglio 1895.

2 Vedi L. A. FERRAI, Lett. ined. di V. M., ec., in Giorn. stor. d. lett. ital., İV, 270.

presso gli emuli e gli invidi e presso i novatori più accesi, asserendo di aver composto quel poema, perchè fra le carte del Bassville, ucciso a furor di popolo e ch'egli chiama suo« intimo amico, trovavansene alcune che lo avrebbero grandemente compromesso, sicchè non sapendo imitare l'accortezza di quel romano, che si finse pazzo per campar la vita, imitai la prudenza della Sibilla, che gittò in bocca a Cerbero l'offa di miele per non esser divorata ». E altrove, nella Superstizione, afferma che di padre e di marito cura Costrinsermi a mentir mente e favella E reo mi feci per udir natura». Nè poi il governo intollerante dei chierici gli sapeva perdonare di amare ed esaltare, con entusiasmo attinto ai classici, la libertà; ed egli dovette di ciò umilmente scusarsi con lettera (24 ottobre 1796) al cardinal segretario di Stato. Ci par dunque dover concludere che quando in Francia invei il terrore anch' egli, come l'Alfieri, il Pindemonte e tant'altri, rimanesse spaventato dai fatti di sangue e dall' espandersi minaccioso delle armi francesi, e nella Bassvilliana esprimesse ciò che allora sentiva; 2 ma che allorquando poi il torrente rivoluzionario cessò d'infuriare e il Bonaparte lo dominò ed avviò, egli pure approvasse e secondasse il nuovo ordine di cose, ripromettendosene utile alla patria, della quale senti sempre fortemente l'affetto. Ad ogni modo crediamo che sia anche da tener conto dell'indole sua e della vivezza della fantasia, la quale, come scrisse il Giordani, in lui soverchio le altre parti della mente e dominò la vita». Non taceremo tuttavia che questa sua fantasia eccitabile e mobilissima, lo trasportò talvolta tropp' oltre e con troppi subitanei tramutamenti, sì da rappresentare, ad esempio, nella Bassvilliana, Luigi XVI come innocente agnello, e poco appresso come il vile Capeto » e « il maggior dei tiranni ».

Quando pertanto nel 1797, dopo il trattato di Tolentino, venne a Roma, latore di lettere a Pio VI, l'aiutante di campo di Napoleone, Marmont, il Monti, che già si era tutto volto alle idee nuove di libertà, e ne seguiva le fortunate vicende nell' Italia superiore e media, gli diventò amico, tanto che il 3 marzo, abbandonata, quasi fuggiasco, la famiglia e Roma, con stupore ed ira di Pio VI e de' Braschi, andò con lui a Firenze e quindi a Bologna, capitale allora della Repubblica Cispadana.* Mandò poi, con lettera ingiustamente offensiva per il duca, le dimissioni da segretario degli avvocati concistoriali. Un fiero sonetto gli scagliò dietro un Matteo Berardi. A Milano s'era scatenata una bu

1 Lettere ined. o sparse raccolte da A. BERTOLDI e G. MAZZATINTI, Torino, Roux, 1893, I, 255.

2 Vedi il bel saggio di A. BERTOLDI, Movente e significato della Bassr., in Prose critiche di storia e d'arte, Firenze, Sansoni, 1900, pag. 269 e segg. 3 In Opere di P. G., ediz. GUSSALLI, Vol. XI, pag. 231.

Vedi per tutto ciò T. CASINI, Il cittadino V. Monti, in Nuova Antologia, 15 giugno e 15 luglio 1894.

fera contro il Monti, per opera de' demagoghi, aizzati dal Gianni (1760-1823), già suo amico, ora nemico ed emulo, e che era lå dal 1796: la Bassvilliana vi era stata solennemente abbruciata in Piazza del Duomo. Trasferitosi ivi nel luglio, riuscì tuttavia a farsi largo e ad ottenere ufficj; ebbe subito un segretariato agli Affari esteri, e fu coll'avvocato Oliva commissario del Diparti mento del Rubicone, cioè per l'Emilia e Romagna. Non però riuscì a placare i suoi avversarj, e nel gennaio '98 fu richiamato a Milano, dove, in odio suo specialmente, erasi fatta una legge, che rimase poi lettera morta, colla quale s'interdiceva qualunque ufficio nella Repubblica Cisalpina a chi dal settembre 1792 avesse scritto contro la Rivoluzione. Suo difensore animoso si levò allora il giovane Ugo Foscolo (1798) coll' Esame su le accuse contro V. Monti.1 Il Monti dalla Segreteria degli Esteri passò a quella del Direttorio. Per il 21 gennaio 1799, anniversario della morte di quel Luigi XVI che aveva glorificato e compianto, compose l'inno Il tiranno è caduto: sorgete, ec. Dipoi, lasciando le cariche politiche, ebbe la sopravvivenza o futura successione alla cattedra di eloquenza, che teneva in quel tempo il Parini nel ginnasio di Brera. Ma caduta, colla disfatta dei francesi per opera degli austro-russi, la Repubblica Cisalpina, il Monti riparò a Genova e in Savoia ; indi, raggiunto dalla moglie, a Parigi, dove, mentre il Gianni godeva una lauta pensione, visse poveramente, essendogli contrastata dai nemici pur anche la cattedra di lettere italiane, alla quale era stato eletto nel Collegio di Francia. Nel 1801, liberata ormai l'Italia per opera del Primo Console vittorioso a Marengo, tornò in patria: e questo ritorno salutò colla poesia: Bell'Italia, amate sponde, ec., e nel marzo del 1802 sali la cattedra d'eloquenza e poesia nell'Università pavese, che aveva ottenuta fino dal 24 giugno 1800, con incarico di presentare almeno ogni anno una tragedia. Vi fece ai 26 novembre 1803 una splendida prolusione: Dell'obbligo di onorare i primi scopritori del vero in fatto di scienze, e alcune lezioni applauditissime. Un decreto del 17 novembre 1804 lo esonerò dall'insegnamento, perchè avesse maggio agio agli studj, colla pensione vitalizia di lire 3837; e, nominato (come gl'imperatori d'Austria avevano voluto i poeti cesarei) poeta del governo italiano e assessore consulente presso il ministero dell' Interno « per ciò che spetta alle Belle Arti ne' loro rapporti colla letteratura », ebbe un emolumento di lire 5000 e fu fatto membro dell'Istituto italiano. Divenuto Napoleone re d'Italia, il Monti conservò questi ufficj, e conseguì nel giugno del 1806, a titolo d'onore, la carica di storiografo del Regno colla provvisione di 4600 lire. Nel 1812 avvennero le nozze, cantate dai poeti contemporanei cogli Inni agli Dei Consenti, di sua figlia Costanza, bellissima e culta,

1 In Prose politiche, di U. F., Firenze, Le Monnier, 1850, pag. 17

e scgg.

col conte Giulio Perticari.1 Di questo tempo è la rottura delle sue relazioni amichevoli col Foscolo. Caduto poi, nel 1814, il Regno italico e destinato dal Congresso di Vienna il Lombardo-Veneto all'Austria, il Monti ottenne di rimanere in Milano: privato, per decreto del Governo provvisorio, del titolo di storiografo, n'ebbe, con quella che gli rimase di professore, un'altra pensione di 1200 lire; costretto, del resto, a celebrare i nuovi padroni stranieri. Giunto ormai oltre i sessant' anni, si piegò alle necessità de' tempi. Nel 1821, a causa delle sue relazioni col Perticari, era sorvegliato dalla polizia austriaca: fu anche tentato dal Pellico e dal Berchet d'ascriversi fra i Carbonari: certo è che, non immemore dei palpiti generosi de' suoi anni migliori, tendeva l'occhio e le speranze oltre il Ticino, e ad un piemontese scriveva: « Beati voi, giovani piemontesi, che vedrete la redenzione d'Italia: voi avete il Principe di Carignano. Questi è un sole che si è levato sul nostro orizzonte. Adoratelo, miei cari, adoratelo. » 2 Passò gli ultimi anni di vita dedito tutto agli studj d'erudizione filologica, ma amareggiato da molte avversità. Nel '22 perse il genero Giulio Perticari; ammalato d'occhi, mal poteva sopperire a' suoi bisogni col solo lavoro della penna. Soccorso liberalmente da amici, villeggiava presso di loro, ne' dintorni di Milano: presso Carlo Londonio, G. Giacomo Trivulzi, Barnaba Oriani, insigne astronomo, e Luigi Aureggi. Colpito nel 1826 da forte emiplegia, si ritirò nella villa di Caraverio presso l'Aureggi. Rinnovatoglisi l'attacco l'anno seguente, visse sofferente fino al 13 ottobre del 1828, nel qual giorno mori in Milano. Fu sepolto nel cimitero di San Gregorio, e il cuore, entro un'urna d'ebano, venne dalla figlia donato a Ferrara. Cinque giorni dopo la morte del poeta, Giuseppe Mazzini ne scriveva un importante cenno necrologico nell'Indicatore genovese del 18 ottobre 1828 e un altro il Tommasèo nell'Antologia (ottobre 1828); il Manzoni poi improvvisava davanti a un suo busto i noti e iperbolici versi: Salve, o divino, a cui largì natura Il cor di Dante e del suo duca il canto! Questo fia il grido dell'età futura, Ma l'età che fu tua tel dice in pianto.

Nell'operosità letteraria del Monti si possono distinguere varj periodi e varie forme: i primi, corrispondenti alle più notevoli vicende politiche cui assistè: le seconde, ai molti generi, specie nella poesia, ch'ei trattò con criterj non sempre costanti. Segnando a ciascun'opera la rispettiva indicazione cronologica, cre

1 Vedi E. MASI, La figlia di V. M., in Parrucche e Sanculotti, Milano, Treves, 1886, pag. 239 e segg.; G. S. SCIPIONI, Alcune lettere e poesie di Costanza M. P., nel Giorn. stor. d. lett. ital., vol. XI, pag. 74.

Vedi CIBRARIO, Notizie sulla vita di C. Alberto, Torino, Botta, 1861,

pag. 12.

3 Vedi R. BARBIERA, Il sepolcro del Monti, nel Corriere della sera, 1890,

n. 109.

Vedilo negli Scritti editi ed ined., Roma, 1877, I, 72.

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