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in un cuore sonnolento, quel senso disperato dell' irrimediabile nella sua infelicità, quelle vaghe aspirazioni di una fantasia non domata, ti forma qui come un sottosuolo, da cui viene il calore alla superficie. Non sai come, ma nelle disperazioni di Bruto e nei lamenti di Saffo, e nell'inno di un ignoto amante alla donna che non si trova, senti lui, mescolato con quel contenuto e con quello spirito antico. E non solo è qui dentro il suo stato psicologico, ma il suo speculare, il riflesso de' suoi studii e della sua dottrina, un'abitudine riflessiva, che lo dispone a sminuzzare, analizzare, investigare le ragioni de' fenomeni, e raffredda talora il lettore, soprattutto nell'inno alla Primavera e in quello a' Patriarchi.

Or tutto questo non è senza influsso nella forma. Ciascuna canzone è un edificio compito, per brevità e semplicità di sviluppo, per distribuzione e proporzione delle parti. Non c'è niente di gotico in questo edificio, niente di perplesso o di artificioso. La concezione è netta, visibile dappertutto. Si vede l'effetto di una prima ispirazione, che riscalda l'anima e le mette innanzi come di un sol getto tutte le fila della composizione. Ma quando in un altro momento d'ispirazione piglia la penna, e viene all' espressione del suo disegno mentale, egli ruguma, profonda, aguzza, analizza, e con una riflessione importuna accompagna l'opera della sua immaginativa. Onde nasce a volte una visione stanca e torbida, che devi lavorare anche tu per averla chiara. Di questo egli menava vanto, schernendo i lettori comuni, che ci capivano poco. Ma io sono peccatore impenitente, e ripeto anche una volta che le cose più belle sono insieme le più chiare. Quella limpidezza e soavità dell'espressione, quella felicità d'impressioni immediate, quella spontaneità geniale d'esposizione che qua e là in queste canzoni ti ricorda Leopardi, non è il carattere di questa forma. Ci si sente soverchio la lima, e la lima talora non leviga,

ma rode. Vedi talora uno studio a cansare i modi consueti e l'andatura facile, a latinizzare, a periodare, a un fare solenne e peregrino. C'è luce, ma una luce talora faticosa, che esce a stento di mezzo alle tenebre. Quel suo condensare concetti e forme è certamente uno dei mezzi estetici più possenti, e produce il suo effetto, quando ti fa lampeggiare immagini e sentimenti che vi sieno immediatamente e intimamente connessi. Ma se stai perplesso, e sei nel buio, e ti senti sforzato a deciferare, l'impressione estetica è ita. Ora hai soverchia analisi, ora sintesi crude non bene preparate. Quelle fere e augelli, per esempio, intorno a cui riflette Bruto, è un troppo sminuzzare, e nulla aggiunge alla felicissima antitesi di Roma in rovina guardata da placida luna; e quelle tinte glebe e ululati spechi sono sintesi buie, che non ti gittano nell' anima una visione immediata. Senti in queste. forme faticose, venute da un soverchio profondare e assottigliarsi di un intelletto concentrato, l'umore denso e chiuso di uno spirito solitario. Ti accorgi che colui che scrive sta fuori del commercio del mondo, isolato nello stesso suo paese, tra l'ambiente viziato della sua camera, senza eco, senz' attrito, e vive in un ambiente fittizio, creatogli da' libri e dall' umore fosco, straniero alla vita italiana e contemporanea. Ma quando di mezzo a queste forme laboriose escono lampeggìi e fulgori nuovi e inattesi di un sentimento a fatica contenuto, e te ne senti percosso, manca il coraggio del biasimo, e pieghi la fronte, come si fa innanzi a uno spirito superiore. Soprattutto la Saffo e il Bruto rimarranno monumenti originali di un Prometeo inchiodato nella sua solitudiné. E non morrà la sua Donna, dove la forma si ammollisce, con una misura di sentimenti, una castità d'immagini, un'armonia di composizione, che ti fa presentire più felici creazioni.

IV CONGRESSO DEGLI ORIENTALISTI

Il giorno 12 settembre avea luogo in Firenze il Congresso degli Orientalisti, preseduto dal Duca di Aosta. Il De Sanctis, ministro allora dell' Istruzione pubblica, in nome del Governo salutava gli illustri rappresentanti della scienza con acconce parole.

Avendo il Ministro telegrafato, a S. M. il Re ed al Presidente del Consiglio, di quella cerimonia, riceveva dall' uno e dall' altro i seguenti telegrammi:

Telegramma di S. M.

Brescia 12 settembre 1878

Comm. De Sanctis, Ministro della Pubblica Istruzione

FIRENZE.

«Sono grato alle testimonianze di affetto e devozione << rese a me ed alla mia casa nell'inaugurazione del Con«gresso degli Orientalisti.

<< Avrei desiderato assistervi io stesso; ma trattenuto <<< da altre cure, ho mandato il mio amatissimo fratello, << persuaso con tale scelta di testimoniare nel modo più << solenne i miei sentimenti verso l'eletta radunanza.

<< Apprezzo le premure di Lei e del Senatore Amari; << e faccio voti perchè i risultati del Congresso tornino

1 Dévo queste notizie, i telegrammi e i discorsi alla cortesia dell' egregio sig. Bruto Amante. L'EDITORE.

« al maggiore vantaggio della scienza, di cui l'Italia è << lieta di ospitare così illustri cultori ».

Umberto.

Telegramma del Presidente del Consiglio de' Ministri
Benedetto Cairoli

Roma 12 settembre 1878

A S. E. Ministro De Sanctis

FIRENZE.

<< Mi congratulo per inaugurazione congresso orien<< talisti sotto i migliori auspicii, desiderando con tutto << l'animo, che dotti stranieri possano riconoscere che << Italia, dopo suo risorgimento politico, fa ogni sforzo « per pareggiare altre nazioni anche nel campo scienti<< fico. Firenze seppe apprezzare col suo plauso atto cor« tese di S. A. R. Duca d'Aosta, che ha fatto più so<< lenne la bella festa colla sua presenza ».

Cairoli.

Il giorno successivo il Ministro dava lettura de' due telegrammi all' adunanza degli orientalisti: la lettura fu accolta da applausi grandissimi di tutti i dotti convenuti. Indi il Ministro dirigeva alcune poche parole a' presenti: diceva che egli professore si sentiva lieto di trovarsi in quel momento, in quell' ambiente, fra tanti illustri rappresentanti della scienza e li invitava ad un banchetto, che avrebbe avuto luogo il 15 settembre domenica.

Il 15 al Palazzo Riccardi nel grande e storico salone degli arazzi ebbe luogo il banchetto di 146 coperti. Alla fine di esso S. E. il Ministro sorse e propose il seguente brindisi:

Io invito quest' eletta adunanza a toccare i bicchieri in onore del nostro giovane Re, bandiera bene augurosa

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d'Italia (applausi), la quale sorta a vita nuova, aspira a riempire la lacuna, che la sua decadenza lasciava nella storia della civiltà.

Dunque, viva il Re! (applausi ripetuti: Viva il Re! viva l'Italia!).

E non vi sarà discaro di bere ancora alla salute del Principe, che, inviato quì dal re a rappresentarlo, si è fatto nostro compagno, ha partecipato alle nostre impressioni, ci ha seguito nelle nostre escursioni, collocato tanto più alto nella nostra opinione quanto egli si è mostrato più amabile e più semplice (applausi fragorosi : Viva il Duca d'Aosta!).

Ed ora mi resta a compiere un altro dovere. Costretto per necessità d'ufficio a partire di quì, io non posso risolvermi a lasciarvi senza esprimervi in nome del Governo, e anche, oso dirlo, in nome della nazione italiana, la grande soddisfazione che la vostra presenza quì ci ha recata, perchè voi non siete un Congresso ordinario, che si rinchiude in questo o quel ramo dello scibile, o discute questa o quella quistione, ed attiri un piccolo numero di cultori e non lasci che scarsa orma dietro di sè. Voi siete i conquistatori d' un mondo nuovo, che offre alla vista nuove forme e nuove immagini: voi avete ricreato un nuovo mondo poetico, nuovi elementi di coltura e di civiltà: voi siete non questo o quel ramo della scienza, voi siete tutto il sapere rinnovellato (molte voci: bravo).

Noi abbiamo speso molto tempo alla ricerca de' fini assegnati all' umanità: ci siamo tormentati a fantasticare quello che saranno i nostri nipoti e, a forza di voler fare i profeti, abbiamo finito con adulterare la scienza, mescolandovi i nostri desiderii, le nostre opinioni, i nostri pensieri dell' avvenire; abbiamo comunicato alla scienza un colore di poesia, ma le abbiamo tolto in gran parte il suo colore di verità e di esattezza (applausi). Siate i benvenuti, voi, i quali con miglior consiglio, in luogo

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