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GIOVANNI MELI

Il Professore sale la cattedra fra le acclamazioni di un eletto e numeroso uditorio.

E così incomincia:

Io vi ringrazio, o Signori, degli applausi coi quali mi avete ricevuto, vuol dire che ci siamo già capiti, gli applausi vanno alla mia intenzione. Voi avete sentito che visitando Palermo il mio pensiero è stato, di far cosa cara a Palermo.

Come un uomo bene educato che dee visitare per la prima volta un distinto Signore, studia i suoi libri, la sua vita, perchè presentandosi a lui, possa mostrare già di apprezzarlo e di conoscerlo, così io, dovendomi presentare a questo gran Signorone che si chiama Palermo, ho voluto innanzi studiare la sua lingua, la sua letteratura, il suo Beniamino, il suo poeta favorito, Giovanni Meli, ed è certamente a questa intenzione che si rivolgono i vostri applausi, ed è in questo modo che io li accetto e ve ne ringrazio. (Benissimo).

Ora senz'altro io entro in materia.

Giovanni Meli nacque nel 1740, mori nel 1815, vale a dire, la sua vita appartiene a quella gloriosa seconda metà del secolo decimottavo, che fu età di rinnovamento in tutta Europa, e fu in Germania l'età di Lessing e di Kant, che doveva generare Goethe e Schiller, e fu in Inghilterra l'età di Locke, e poi di David Hume, e poi

di Adamo Smith, e fu in Francia l'età di Voltaire e di Rousseau e della Enciclopedia, e in Italia fu l'età di Beccaria e Filangieri, e letterariamente di Alfieri, di Parini e di Foscolo. E quando io penso agli stimoli che portarono questo rinnovamento letterario in Italia, io trovo che il principale fu il fastidio che già prendeva tutti di quella letteratura italiana, già così grande e gloriosa, divenuta sotto nome di Arcadia un mondo convenzionale, il mondo della freddura e della insipidezza.

E allora, io mi sono domandato: Giovanni Meli, qual è il posto che egli occupa nella storia della letteratura nazionale? Appartiene egli a quel nuovo pensiero e a quella nuova letteratura, che fu l'età del rinnovamento, ovvero appartiene a quella vecchia letteratura che fu l'età della decadenza?

Chi piglia il libro, e guarda il nudo contenuto, giudicando dalla superficie, dice subito: ma Giovanni Meli corporalmente visse nella seconda metà del secolo decimottavo ma il suo spirito, la sua poesia appartiene alla vecchia letteratura; gli è un rancidume, gli è fuori del rinnovamento italiano. Bucoliche, odi, canzoncine, ricette, epigrammi, madrigali, favole, poemi fantastici; ma tutto questo veduto a prima vista non è che il vecchio mondo, che si chiamava allora Arcadia. E non ci è niente di più dannoso, che questi giudizii superficiali, che ti dànno una apparenza di verità, e ti addormentano e non ti lasciano andare avanti.

Il nudo contenuto è il corpo; è lo stupido materiale, e non basta a dare il carattere ad una poesia.

Il carattere della poesia non è nel contenuto, ma nello spirito che vi spira al di dentro, come il carattere dell'uomo esce non dal suo vile corpaccio, ma dallo spirito che lo anima. Guardando a questa vita spirituale, al temperamento, agli istinti, alle opinioni, alle idee e a' senti

menti, si può determinare il carattere dell' uomo, ciò che distingue un uomo da un altro. Il simile è della poesia. Se dunque noi vogliamo trovare lo spirito che animò la poesia del Meli, vediamo qual era il carattere di questo poeta, come fu educato, in quale ambiente si trovò, quali forze sue, quali forze estranee e fatali lo formarono; così solo, per questo lungo cammino dell'analisi, giungeremo a determinare il carattere di questa poesia.

Il Meli fece le sue prime lettere in una scuola retta da gesuiti, dove stette sette anni.

E che cosa era allora una scuola di lettere? In Italia, mentre il pensiero si rinnovava, durava la vecchia letteratura, e quando la letteratura si rinnovò, durarono le vecchie scuole.

Mentre il pensiero si rinnovava nelle alte cime della società, continuava in letteratura l'Arcadia. Giambattista Vico che aveva innanzi al pensiero così vasti orizzonti, era in letteratura un arcade: leggete i suoi sonetti e le sue prolusioni. Similmente nel tempo di Alfieri e Parini, si insegnava quasi ancora come al tempo del medio evo, e le scuole vengono ultime nel movimento della civiltà. Mi ricordo che quando c'erano già Manzoni e Leopardi, la scuola in cui io fui educato, era tutto un vecchiume rettorico, ed io per mettermi al corrente, dovetti rifare i miei studii. Quale scuola, o Signori, ebbe il Meli? la scuola de' gesuiti. E di questi non dirò nulla, perchè combattere tirannidi sacre e profane, quando te ne può venire pericolo, è di alto animo; ma è di animo imbelle combattere i vinti. (Benissimo).

Dirò questo solo, che i gesuiti sono conosciuti come i più tenaci e rigidi custodi del passato. Immaginate dunque, cosa poteva essere una scuola retta da gesuiti. Il De Colonia, il Portoreale, il padre Emmanuele Alvarez, molti sillogismi, molti luoghi rettorici, molte figure e tropi, nessuna diretta e larga notizia degli scrittori, ecco

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le prime impressioni, le prime abitudini del Meli. Ma accanto a questa scuola ufficiale c'è sempre una scuola occulta, tanto più operosa, quanto maggiore l'ingegno e più stretto è il divieto. Il Meli si gittò sopra i libri che più erano conformi alle sue inclinazioni, e nutri quella prima età di fatti fantastici; venutigli alle mani i Reali di Francia, le Novelle arabe e altro di simil genere.

Un bel giorno fu, quando un vecchio zio gli procurò in gran segreto l'Orlando Furioso. Mi ricordo. Un zio prete mio maestro, tutt' ordine e misura, dissemi un giorno: Vedi là quel cassettone, li dentro ci sono libri di poesia e di storia, ma è chiuso a chiave. Sai tu, per leggere uno di quei libri devono passare due anni. E mi punse un gran desiderio di quel frutto proibito, e cercai modo di aver la chiave, di aprir quel cassettone, ed il primo libro che mi venne innanzi fu le Télémaque di Fénelon. (Ilarità).

Mi parve un nuovo mondo, e mi ricordo che mi gettai a leggerlo con tanto piacere che quel giorno dimenticai proprio di mangiare.-Immaginate ora le impressioni pel Meli, quando ebbe in mano quel libro.

In questa doppia scuola, ufficiale ed occulta, durò il Meli sette anni, e di là passò agli studii universitarii senza difficoltà; allora non c'era la licenza liceale, il ponte dell'asino. (Ilarità).

Anche li aveva studii obbligati e studii graditi. Il padre voleva farne un medico, perchè aveva famiglia assai e quattrini pochi. E mentre pareva tutto dietro a chimica e fisica, si diè in occulto allo studio de' classici, e i chimici e fisici furono Virgilio e Orazio, e Dante e Petrarca, e Ariosto e Tasso, deliziandosi sopratutto di Sannazaro e di Metastasio, che tra' contemporanei levava maggior grido di sè. Fin qui giunse il Meli. Il movimento impresso da Alfieri, Parini e Foscolo gli rimase estraneo, venne dopo, venne, quando l'anima non poteva più ricevere altro.

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