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fermare che non ci è purismo; non ci è più puristi; perocchè hanno essi ottenuto quello che volevano 1. Che cosa volevano i Puristi? Opera da fanciullo sarebbe tener dietro alle opinioni particolari di ciascuno talvolta esagerate, chè esagerare è proprio dell'uomo, e più esagera chi più ama, e i Puristi erano della nostra lingua amantissimi. Ma non ci sarà malagevole trovare il vero, quando senza amor di parte vorremo considerare lo scopo che si aveano tutti proposto. Che cosa volevano tutti? Volevano che la lingua si studiasse non certo nelle grammatiche francesi, non ne' soli poeti italiani, nè in uno o due scrittori solamente, ma in tutt'i nostri classici scrittori; volevano che questo studio non si facesse a sbalzi, a saltelloni, ma per ordine, facendo capo dal trecento, e giugnendo via via infino a' nostri tempi. Or chi ci ha oggi che abbia fior di senno il quale porre possa in dubbio questi due principii? Ove più sono quelle acerbe contese, e quelle discordie interminabili? Un tempo vedevi scendere in campo un Cesarotti, un Napione; ora i grandi scrittori tacciono; e questa quistione è rimasa patrimonio de' giornali e degli scolari. E questo suole spesso intervenire le grandi quistioni dai Maestri passano agli scolari, dagli scrittori ai giornalisti. Hanno dunque avuto il loro intendimento i Puristi; e sino i dotti e scienziati uomini non disdegnano più di ornare i loro alti pensamenti delle modeste grazie della lingua. E fosse in piacer di Dio, che come della lingua, così potessi dir dello stile, dubbio come è ed incerto tra l'imitazione alemanna e l'imitazione francese. Pare che sia questo il destino del nostro bel paese; imitare, imitare; imitazione degli antichi, imitazione francese, ora vien su l'imitazione tedesca: imitatori, non saremo mai imitati. Ma star si vuole

1 Annunziavo con molto garbo la fine del purismo e la necessità di una nuova Scuola. 11 Marchese era presente. E non gli spiacque la mia temerità, rammorbidita da tante cautele oratorie.

a buona speranza, chè i grandi scrittori tengonsi da questo difetto lontani, e solo i mediocri, degni prima che nascano di morire, confondendo l'affetto collo spasimo, lo spirito con l'acutezza, e la forza con lo sforzo, vanno dietro a tutte le stranezze di una sbrigliata fantasia: se non vi si pone compenso, loro mercè rinascerà in Italia il seicento, e ci verrà d'oltremonti. Debito sacro di Maestro e amore alle lettere rende ora libere e franche le mie parole perocchè essendomi tutto consacrato all'ammaestramento della gioventù, è bene che si sappia che se alla cattiva lingua si è fatto guerra sinora, guerra si vuol fare pur sempre al cattivo stile. Il perchè ne' lavori di questi giovani non ombra pure d'imitazione; ma spontaneo scorgerete un cotal rigoglio giovanile, e soverchio studio di rifiorire ed ornare lo stile: chè difetto è de' giovani far mostra e pompa di quanto sanno. Voi giudicherete, e il giudizio vostro con docilità e gratitudine noi attendiamo. Che se voi non troverete i lavori al tutto indegni di essere stati a voi letti, e se crederete che il metodo da me tenuto sia acconcio a bene ammaestrar la gioventù nelle italiane lettere; ed io più sicuramente e con maggior fidanza potrò insegnare, ed essi ne prenderanno conforto ed animo a maggiori studi. Voi o giovani vi avvezzerete così al dolce suono della lode, la quale data da onorandi uomini e meritata è sprone e cote all'ingegno. E quando divenuti utili cittadini dalle onorate vostre fatiche pur talora volgerete il pensiero a' primi anni della vostra gioventù, non ultimo forse vi apparirà nella mente questo giorno, e dolce premio alle mie cure è il pensare che forse allora non senza qualche riconoscenza rammenterete il vostro Maestro ed Amico.

UN' ACCADEMIA FUNEBRE1

Di dolore e di pietà sarà quest' oggi la materia dei lavori che verranno a voi recitati: chè avendoci la morte rapito l'uno appresso dell'altro tre amatissimi giovanetti; quasi non c'ebbe alcuno de' loro compagni, che non avesse voluto esprimere il dolore dell'animo suo, e per un anno de' loro carissimi nomi risonava mestamente la Scuola. Noi ci eravamo ragunati il giorno dipoi, che accompagnammo al sepolcro il corpo di Luigi Melillo: e mentre ci guardavamo taciti e mesti, sorse a romper quel silenzio Agostino Magliano, giovinetto di soavissima indole, il quale con pietose parole onorò la memoria del nostro compagno. Non potevamo quasi ancor credere, che da noi si fosse allontanato per sempre un si caro giovinetto, quando a noi pervenne la notizia della morte di Paolo Kangian. Questa nuova sciagura ci recò tal dolore che a noi parea non potercene consolare; ma quando Angiolo de Meis, nostro carissimo discepolo, fecesi a narrare la funesta infermità di quel giovine infelice, e notammo che tutto puntualmente narrando avea posto solo in obblio le pietose sue cure, delle quali a tutti era noto essere stato si largo verso il giovinetto morente; noi dimenticammo per poco la morte di Kangian, compresi tutti d'amore per quest' Angiolo di nome e di cuore. Già era scorso alcun tempo, e la memoria di si grave perdita ci appariva già come cosa lontana, quando la nuova della

1 I giovani vollero pubblicamente onorare la memoria di tre loro compagni morti in quell'anno. Il Maestro li presentó al pubblico con queste poche parole.

morte di Francesco Imperatrice, che udimmo pietosamente narrata da un giovane a lui similissimo d'indole, di costumi, d'ingegno, rinnovò in noi più acerbo l'antico dolore. Di conforto eraci mestieri; e conforto ci porse un sacro Ministro della nostra Religione, ch'è religione di conforto e d'amore 1. Egli ci mise innanzi agli occhi un giovane, che per noi era Melillo, Kangian, Imperatrice ; e cel mostrò addolorato dalla rimembranza del tempo felice; consumato dal desiderio di una gloria non ancora raggiunta; intenerito dal pensiere di lasciare orfana e sola la sua unica sorella; e questo infelicissimo degli uomini ei cel fe'vedere attender sereno la morte, confortato dalla Fede e dalla Speranza. Nè di minor conforto ci fu Luigi La Vista, giovane valoroso e di animo alto e gentile; il quale in una poesia ci mostrò in sul letto di morte un giovinetto tutto pieno del desiderio delle cose celesti. Pure il maggior nostro conforto sarà il potere oggi innanzi a voi ripetere que' cari nomi, ricordare le loro virtù, e procacciare l'amore e le vostre lodi a quelli che noi abbiamo tanto lodato ed amato. Sicchè voi, gentili Uditori, che ben mostrate, quanto avete in pregio la virtù, qui venendo a udirla lodare in altrui, vogliate aver caro il pietoso officio, che questi giovani rendono a' lor morti compagni; e la bontà del cuore scusi in loro la povertà della mente. Voi specialmente, pietosissime Donne, le quali avete da natura sortita un' anima si squisitamente gentile, non vorrete negare una lacrima alla memoria di questi tre giovinetti; e la vostra pietà renderà meno acerbo il nostro dolore. Nè la memoria di questo giorno sarà per voi, o giovani, senza alcun frutto; che se talora l'umana malvagità vi porrà dubbiosi tra la virtù e la fortuna, ricorderete che quando qui piangeste la morte de' vostri compagni, perchè buoni e virtuosi, tacitamente prometteste di esser voi ancora virtuosi e buoni.

1 Paolo Smith.

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Nelle grandi sventure si hanno le grandi consolazioni! Il conforto che voi mi avete recato, o giovani, è stato grande quanto il mio infortunio. Io tutto so: tutto mi è stato narrato da quelli, che parlando degli altri hanno solo dimenticato sè stessi. Alle loro parole io ho inteso quello che gli altri hanno fatto: alla loro commozione io · ho indovinato quello che essi hanno fatto. Quanta moderazione in tanto entusiasmo! Quanta verità in tanta esagerazione! Ed io potei non comparire tra voi! Caldi ancora di quella santa ebbrezza che reca una bella azione allora allora compiuta, che altro desideravate voi se non di vedere il vostro Maestro, di vederlo piangere di consolazione in mezzo a voi? Ben sento che avrei dovuto venire tra voi, e mi sarebbe stato conforto la vostra presenza; ma tutto questo a me parea in quel punto un sogno. Una sola cosa mi pareva reale; un solo pensiero preoccupava ogni altro pensiero; io era stupido ad ogni senso di riconoscenza e di gioja. Ora io mi riscuoto alfine; io mi riscuoto; ed esco dalla dolorosa meditazione di una perdita immensa per apprezzare l'immenso acqui

1 I giovani fecero celebrare una messa funebre in onore di mia madre. La cerimonia fu regolata e preseduta da Fedele Amante, egregio professore, e raro amico. Finita la funzione, alcuni giovani in nome della Scuola fecero la loro condoglienza al Maestro. Il quale, quando fu nello stato di ricominciare le lezioni, vi diè principio con queste parole.

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