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sia scorta sicura in così intricato laberinto? Certo lo studio de' veri principii e delle ragioni delle cose: cosi vedrete la vera indole e natura della nostra lingua, e in che essa si accorda, ed in che differisce dalla latina; qual conto debbasi tenere de' libri del Trecento in ciò che si appartiene a Grammatica; e in tanta moltitudine di scrittori sarete nell' imitarli rispettivi e guardinghi. E sapendo di ogni regola la ragione, e con questa conciliando l'autorità e il buon gusto, acquisterete tanta maturità di giudizio da poter sicuramente affermare: questo è scorrezione; questo è il più bel fiore.

Poste queste cose, non mi è punto malagevole sporvi il metodo che io intendo di tenere in queste mie lezioni. Dapprima credo necessario farvi un sunto delle diverse opinioni de' Grammatici intorno a quella materia di cui vi debbo trattare. Di poi vi verrò dichiarando la sentenza tenuta più vera e più alla ragione conforme; e mi sforzerò di addurvene in mezzo i più validi e forti argomenti.

E dappoichè i soli e nudi precetti di poca utilità sono, se non vengono dagli esempii alluminati direi quasi e chiariti; la lezione di Grammatica dalla lettura sarà seguitata di alcun pregiato Scrittore, acciocchè ravvisando in esso le regole che verrò sponendo, queste assai meglio intender possiate e più indelebilmente vi si suggellino nella memoria. Utile e bella esercitazione sarà questa: senzachè a me si porgerà il destro di andarvi ammaestrando nelle cose della nostra lingua; e voi potrete così, raccogliendo le più elette voci, e i più vaghi e vivaci modi di dire, abbellirne e infiorare le vostre scritture. Ma perchè questo vi venga fatto con buon giudizio e fine accorgimento, di dichiararvi non tralascerò a quando a quando alcune generali teoriche, che possono esservi guida nel difficil cammino che a fare avete. E meglio che io non posso vi aiuterà in questo il nostro buon maestro il quale facendovi voltare nel volgare idioma alcuno scrittor latino,

vi renderà abile ad esprimere i vostri pensieri con proprietà e chiarezza; ed esercitandovi a comporre de' lavori accomodati a' vostri studii, vi farà praticamente e per bel modo apprendere l'Arte di bene ed ornatamente scrivere. Ma di questo non accade che io più ragioni; chè troppo i termini passerei a me prescritti, onde farò qui fine confortandovi solo a procedere con sicurtà nella difficile per certo, ma gloriosa via ch'egli vi pone avanti. Perocchè il metodo, del quale vi ho di sopra toccato, è approvato dalla ragione, lodato da' dotti uomini, e dalla esperienza rifermato. Questo è il metodo col quale il signor Marchese ha infino ad ora con tanta lode ammaestrata la Napoletana gioventù; il metodo che io suo Discepolo, aiutandomi de' suoi savi consigli, ho da lui imparato; e per non dirvi altro è il metodo di una scuola chiara e risplendente per tanti giovani che ne sono usciti ornati di lettere e di gentili costumi. E piacesse a Dio che come io sono della bontà del metodo certo e persuaso, fossi così parimenti sicuro della mia abilità nel saperlo bene adoperare. Che io non debbo, io non posso celarvi, che l'onorevol carico a me imposto non mi ha riempiuto di così cieca audacia da farmi dimenticare la povertà del mio ingegno, e il difetto che è in me d'ogni valore 1.

Sicchè se niuna diligenza ho mai posta nelle mie cose, se niuno amore io porto a' buoni studii, tutto mi sforzerò di mettere in opera raddoppiando di fatica, di costanza, di zelo per adempiere il mio debito con lealtà e con coscienza. Voi mi seconderete, o giovani: dolce cosa è far paghi i voti de' genitori; dolce cosa far lieta la Patria delle sue preghiere; e questa e quelli egualmente da voi richieggono che duriate costanti negli onorati studii e nelle gloriose fatiche. Così l'uno all'altro emulando ci sarà dato

1 Avevo scritto: non mi ha riempiuto di così cieco orgoglio da metter soverchia fidanza nel mio poco valore. Al Marchese parve poca modestia, e corresse a quel modo che s'è visto sopra.

di render quella gratitudine che noi solo possiamo, quella mercè, ch'egli da noi solo desidera, a chi con tanta generosità ed altezza d'animo ha avuto sempre il pensier fisso in quest' una cosa di educare i giovani sua delizia e suo amore alle lettere, alla virtù, alla gloria solo per il santo desiderio ond' egli è acceso di procacciare il bene della patria nostra di cui voi siete dolce cura e cara speranza 1.

1 Il finale fu molto applaudito. Il Marchese era tutto commosso. I sentimenti erano sinceri in una forma tutta di convenzione.

IL SECONDO DISCORSO 1.

Se alcuno di voi, giovani egregi, agli amici suoi manifesta che egli studia grammatica, li vedrà tosto atteggiarsi a maraviglia, crollare il capo, comporre le labbra ad uno schernevole riso. E se di questo egli loro dimanderà la ragione, altro per risposta non danno che seguitare a ridere. Perocchè i più di loro così fanno sol perchè gli altri fanno ancora cosi: non forza di ragione, non luce di verità ad operare gl'induce, ma imitazione servile. E però di costoro, o giovani, niun pensiero vi prenda; ma bene esser vi conviene solleciti del giudizio che di voi dar possono quei valorosi, in cui la ragione, che in tutti impera, principalmente regge e governa 2. E in questi già temer non dovete arroganza d'atti e di parole, bieco ed austero cipiglio; chè i veraci sapienti han sempre saputo con la dottrina congiugner la cortesia; e il vero condito da quell' amabile serenità che loro nella fronte riluce a sè trae ed alletta anche i più schivi e ritrosi. Nè già sentono essi dispregio per la grammatica, come quelli pur fanno; chè niuna disciplina di per sè vuolsi spregiare; ciascuna è un mezzo per aggiungere il fine

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1 Anche questo, che aprì il secondo anno della Scuola, fu corretto dal Marchese. Ci si vede la stizza dell'autore nel suo lirismo grammaticale contro quei bricconi che si permettevano di dispregiare la grammatica.

2 Dove si è andato a ficcar Dante!

3 Bastava dire: i più schivi. Ma dov'era la musica del periodo ?

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al quale indirizzate sono, il bene della civil comunanza 1; a procurare il quale tutte egualmente concorrono, legate insieme da mirabili nodi alla plebe ignoti, e manifesti solo a' grandi e vasti intelletti, che in questa ordinata armonia delle Scienze ravvisano l'unità di quella mente prima, che tutte in sè le comprende, di quel mar di senno, ond' esse come rivoli discendono. Sicchè gli uomini savi e intendenti, a' quali il ben piace che dalle scienze s'ingenera, niuna ne dispregeranno giammai, e meno la grammatica, di tutte fondamento e base. Bene hannosi essi a dolere dell'uso che altri ne fa; colpa non della scienza, ma degli uomini. Grave maledizione pesa. sul capo di quelli non dirò grammatici per non vituperare questo onorato nome, di quella peste d' uomini, che fattosi scudo dell' innocente grammatica, ad ogni cosa che leggono o mala o buona che sia, purchè di altrui, con sopracciglio censorio pronunziano la superba sentenza.. Nel costoro numero io non sonomi posto giammai; me non ha ma sospinto a scrivere il desiderio stolto di far ridere d'altri e di me ad un tempo; e molto mi terrà avventuroso, se mi conceda Iddio di poter deporre quandochessia la mia povera penna, incontaminata e pura. Nè siate di credere che io oggi coi fatti m'abbia a mostrar disforme alla modestia delle mie parole. Onde non vi aspet tate punto che io sia qui venuto a spacciarvi magnifiche novità; i metodi nuovi io li lascio a coloro che fanno professione di sedere a scranna insegnatori non che ai presenti, a' passati uomini. Io che di me altro che bassamente sentir non posso; io che al nome de' passati illustri chino la fronte pieno di riverente ossequio, io niente non mi ardisco partire dalla ragionevole autorità

1 Società, sociale, erano termini proscritti. E in luogo di socio si diceva sozio.

2 Aveva scritto «sacro nome». E questo parve troppo anche al Marchese, che mi aveva ispirato tanta superstizione per la grammatica.

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