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disdice la sua amicizia. Lamartine, ch' egli tanto ammirava, abbandona l' Italia? Non rivede più Lamartine. Il 2 dicembre riempie d'orrore l'uomo dabbene fugge Parigi e viene a morire in Torino. Qui almeno vi è ancora una bandiera che ci ricorda l' Italia; qui l'indipendenza italiana non è uno sterile e tardo ripiego di re straniero nell'ultima disperazione; ma idea vivente, consacrata dalla morte di un re italiano, e tramandata in eredità insieme col trono.

Soldato nel 99, capo nel 20, nel 48 fu il padre della nostra rivoluzione. Ci sono certi vecchi venerabili, tradizione vivente del passato, a cui la nuova generazione si piace di dare questo dolce nome. Quando le milizie napolitane si ritrassero nel regno, i più arditi e intelligenti lo seguirono in Venezia: amarono meglio di essere disertori del re che della patria loro. Guglielmo li raccolse intorno a sè e li amò come suoi figliuoli. Egli era infralito dalla grave età, ma aveva il cuore ancor giovane, ancora il suo cuore di sedici anni. E compiacevasi di mirare sè in costoro, di ricordare la sua giovinezza in quei giovani cosi fidenti, cosi caldi di vita. Guglielmo Pepe morendo ha lasciato in dono all'Italia quest' eletta famiglia educata da lui, tanta speranza del nostro avvenire. E mi pare che noi non l'abbiamo perduto del tutto, quando io penso che in loro egli vive ancora. In questi tempi di violenze e di delitti, quando l'uomo di spada è così spesso allettato ad abusare della forza, e si fa trarre da basse voglie ambiziose; o voi, che vi chiamate figliuoli di Guglielmo Pepe, voi la cui storia è cominciata così gloriosamente in Venezia, come la sua alla Maddalena, non dimenticherete, son certo che colui, il quale lasciava in eredità la sua memoria ed il suo esempio, ha continuata la sua storia puro da ogni ambizione, nè ha tratto mai la sua spada che in servizio della libertà e dell' Italia.

Uomo di tre rivoluzioni, quando tu l'incontravi, quante rimembranze! Portavasi appresso le ombre di Pagano e di Cirillo, e di Ettore Rossarol, e di Giuseppe ed Alessandro Poerio; vedevi in lui tutta la nostra storia. Ohimè! E questa storia non è ancora finita. L'uomo della Maddalena, l' uomo di Monteforte, l' uomo di Venezia ha vivuto indarno settantadue anni; ha veduto il Piemonte, ma non ha veduto ancora l'Italia! Quante volte si è detto Ecco: siamo liberi: Ecco, abbiamo un' Italia! E tutto spariva come un sogno! E da capo per la via dell'esilio! Oh addio, Guglielmo Pepe! Noi ti poniamo appena nella tomba, e ripigliamo il tuo lavoro. La tua storia finisce dove finisce la storia d'Italia: chè ultimo tu tenevi alta la sua bandiera mestamente tremolante di su' bastioni di Venezia sulla universale rovina. E noi la continueremo questa istoria; noi la rialzeremo quella bandiera. Sacra bandiera d'Italia, accompagnatrice di cadaveri, testimone delle nostre sventure; oh! venga il giorno, che tu accompagni le immagini de' nostri padri gloriosi nel tempio della Libertà, dove noi li santificheremo!

IL MONDO EPICO-LIRICO

DI

ALESSANDRO MANZONI

Il 1815 è una data memorabile come quella del Concilio di Trento. Segna la manifestazione di una reazione non solo politica ma filosofica e letteraria, iniziata già negli spiriti, come se ne vedono le orme ne' Sepolcri di Foscolo e Pindemonte. La reazione fu così violenta e rapida come la rivoluzione. Invano Bonaparte tentò di arrestarla, facendo delle concessioni e cercando nelle idee medie una conciliazione. Il movimento impresso giunse a tale, che tutti gli attori della rivoluzione furono mescolati in una comune condanna, Giacobini e Girondini, Robespierre e Danton, Marat e Napoleone. Il terrore bianco successe al rosso.

Venne su un nuovo vocabolario, filosofico, letterario e politico. I due nemici erano lo scetticismo e il materialismo, e vi sorse contro lo spiritualismo portato sino al misticismo e all'idealismo. Al dritto di natura si oppose il dritto divino, alla sovranità popolare la legittimità, a' dritti individuali lo Stato, alla libertà l'autorità o l'ordine. Il Medio Evo ritornò a galla glorificato come la culla dello spirito moderno, fu corso e ricorso dal pensiero in tutti i suoi indirizzi. Il Cristianesimo, bersaglio dianzi di tutti gli strali, divenne il centro di ogni investigazione filosofica e la bandiera di ogni progresso sociale e civile; i classici furono per istrazio chiamati pagani,

e le dottrine liberali furono qualificate pretto paganesimo. Gli ordini monastici furono dichiarati benefattori della civiltà, e il papato potente fattore di libertà e di progresso. Mutarono i criterii dell' arte. Ci fu un' arte pagana e un'arte cristiana, di cui fu cercata la più alta espressione nel gotico, nelle ombre, ne' misteri, nel vago e nell' indefinito, in un di là che fu chiamato l'ideale, in un'aspirazione all' infinito, non capace di soddisfazione, perciò malinconica; la malinconia fu battezzata e detta qualità cristiana; il sensualismo, il materialismo, il plastico divenne il carattere dell' arte pagana; sorse il genere cristiano e romantico in opposizione al genere classico. Religione, fede, cristianesimo, l'ideale, l' infinito, lo spirito, il trono e l'altare, la pace e l'ordine, furono le prime parole del nuovo secolo. La contraddizione era spiccata. A Voltaire, a Rousseau, a Diderot, succedevano Chateaubriand, Stael, Lamartine, Victor Ugo, Lamennais. E proprio nel 1815 uscivano in luce gl' Inni sacri del giovane Manzoni. Storia, letteratura, filosofia, critica, arte, dritto, tutto prese quel colore. Avevamo un neo-guelfismo; il Medio Evo si drizzava minaccioso e vendicativo contro tutto il Rinascimento.

E non era già un movimento fattizio e artificiale sostenuto da penne salariate, promosso dalle polizie, suscitato da interessi temporanei. Era un serio movimento dello spirito, secondo le eterne leggi della storia, al quale partecipavano gl' ingegni più eminenti e liberi del nuovo secolo. Movimento esagerato senza dubbio ne' suoi inizii, perchè mirava non solo a spiegare, ma a glorificare il passato, a cancellare dalla storia i secoli, a proporre come modello il Medio Evo. Ma l' una esagerazione chiamava l'altra. La dea Ragione e la comunione de' beni avea per risposta l'apoteosi del carnefice e la legittimità dell' Inquisizione.

Ma l'esagerazione fu di corta durata, e la reazione.

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