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condizioni. Mobile d' immaginazione, tra entusiasmi e accasciamenti, tra illusioni e disinganni, espansiva e subitanea nelle sue impressioni, tormentata da ideali tanto più elevati, quanto era minore la speranza di raggiungerli, si trovava come anticipata e presentita in quel mondo contradittorio, mosso più dalle impressioni e dalle passioni, che da una tranquilla intelligenza della vita e da logica serietà. Il pallore divenne interessante; la tisi fu una poesia, ciascuno si sentia consumare del mal di Jacopo. In quella reazione cosi generale, mancata ogni libertà di pensiero e di parola, lo spirito ripiegato e chiuso in sè fu costretto a vivere nel vuoto, abbracciato col suo ideale. Ci sentivamo morire di desiderii rientrati, che quasi per dispetto ingrandivano e si allontanavano ancora più dal reale, e le illusioni menavano ai disinganni, e da' disinganni pullulavano le illusioni. In quella vuota idealità, così energica e così impotente, incontrammo Foscolo, e fu il nostro uomo, e il suo libro fu il nostro libro. Come Venezia cadde, così cadde Ita-, lia, così cadde il secolo decimottavo. Quel libro ci s' ingrandiva, era la nostra voce, vi aggiungevamo i nostri disinganni e le nostre impressioni. Foscolo fu come il nostro compagno di scuola, infelice al pari di noi, e che traduceva così bene i suoi e i nostri segreti: con tanto ingegno, lo sentivamo così vicino a noi, così partecipe delle nostre debolezze e de' nostri difetti. Noi ci contemplavamo in Foscolo, e gli ergemmo una statua nella nostra coscienza. Quella nuova generazione, così malata di desiderio, di misticismo, d'idealismo, siamo noi stessi, fatti ora uomini, che non malediciamo più a quella realtà, la quale siamo giunti a conquistare e a possedere. Volgendo lo sguardo indietro sulla nostra tribolata giovanezza, vi troviamo il compagno delle nostre illusioni delle no

stre pene, e lo invitiamo a tornare anche lui nella sua pa

tria di elezione, che nelle ultime ore della vita ha tanto maledetta, perchè l' ha tanto amata. Possano i nostri figli contemplare in questa nuova statua che innalziamo un'ultima voce del passato, l' ultimo cavaliere errante de' tempi moderni, e cercare la salute nella intelligenza della vita, nello studio del reale, attingendo nella scienza quel senso della misura, che è il vero fecondatore dell' idea, il grande produttore!

GIUSEPPE PARINI

Metastasio fu l'ultimo poeta della vecchia letteratura, Parini fu il primo poetà della nuova. Pittore inconscio di una società aristocratica e feudale nelle apparenze e ne'modi, ma intimamente corrotta, oziosa, femminile e volgare, materia idillica, elegiaca e comica sotto veste eroica, Metastasio sul suo trono di Vienna era inconscio spettatore di una trasformazione sociale o letteraria, che portava diritto alla rivoluzione.

Centri attivi di questa trasformazione erano Napoli, Venezia, Torino, e soprattutto Milano. A Napoli l'attività speculativa da Telesio innanzi non era mancata mai, e vi si era formata una scuola liberale, che avea per materia la quistione giurisdizionale tra la Chiesa e lo Stato, e si andava allargando a tutte le utili riforme economiche e civili; si che quando gli scrittori francesi vi si affacciarono, trovarono gli spiriti già educati e disposti a ricevere le nuove idee, e se ne fecero interpreti calorosi Filangieri, Pagano e Galiani. Si andava cosi elaborando un nuovo contenuto in una forma piena di brio e di movimento, in linguaggio vivo e spiritoso. Farse, tragedie, commedie, orazioni, dissertazioni, prediche, trattati, sonetti, canzoni, tutti i generi della vecchia letteratura vi continuavano la loro vita meccanicamente senza alcun segno di movimento nel loro interno organismo:

erano un mondo di convenzione accolto con applausi di convenzione. Il sentimento letterario, errante tra il voluttoso, l'ingegnoso e il sentimentale, ciò che ci rendea così popolari il Tasso e il Marino, stagnato il movimento letterario, s'era trasformato nel sentimento musicale, e vi educava Metastasio, e vi apparecchiava quella scuola immortale di maestri che furono i veri padri della musica, i Cimarosa, i Pergolesi, i Paisiello. Mentre l'attività speculativa e il sentimento musicale si andavano sviluppando nel mezzogiorno d'Italia, in Venezia il movimento si disegnava in una forma puramente letteraria. C'era un centro toscaneggiante nell' Accademia de'Granelleschi, della quale erano anima i fratelli Gozzi, che mirava alla ristaurazione della lingua e del buon gusto; e c'era Carlo Goldoni, con intenzioni più alte, che mirava all'interno organismo dell'arte, alla ristaurazione del vero e del naturale. L'aristocratico Piemonte dava già alcun segno di vita, e suoi precursori furono il Baretti prima e l'Alfieri poi, i due spiriti più eccentrici e radicali, in tutto quel moto italiano. Il centro più attivo era Milano, dove il movimento era insieme filosofico, politico, economico e letterario, stimolato dalle riforme di Giuseppe II e dall' influenza degli scrittori francesi. Ivi si era formata prima la scuola del giansenismo, e poi la scuola de' diritti dell' uomo, e la società patriottica, divenuta poi società popolare lavorava alla diffusione delle idee nuove. Il movimento, diretto principalmente contro la curia romana personificata ne'gesuiti e contro la nobiltà, avea per fine espresso non mutamenti politici, ma riforme civili per il miglioramento dell'uomo, e si credea ci si potesse riuscire con provvedimenti legislativi. Beccaria proponeva una riforma del codice penale. Pietro Verri suggeriva riforme economiche e amministrative. Più tarde al moto erano Roma e Firenze, dove la resistenza era più viva: a Roma dominava l'Arcadia, a Fi

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